Ad Acqui in cerca di lavoro: l’Odissea di un gruppo di ucraini
"A Cracovia ci hanno detto di andare ad Asti, ma ad aspettarci non c'era nessuno..."
ACQUI TERME – Ogni giorno da ormai un mese e mezzo a questa parte ci sono famiglie che dall’Ucraina varcano il confine polacco per tentare di raggiungere il nostro Paese. Una volta al sicuro da missili e bombe può capitare, però, che le speranze di chi si trova costretto ad abbandonare la propria casa e i propri cari vengano disilluse da promesse e rassicurazioni che in alcuni casi celano in realtà risvolti ben diversi.
Questo è ciò che è capitato a Giulia, partita da Mykolaiv sei giorni fa insieme alla figlia, la cognata e la nipote, giunta praticamente per caso ad Acqui Terme. «Abbiamo portato con noi – racconta – anche i nostri due animali, un cane e un gatto. Abbiamo lasciato la città alle 10 e poco dopo le 11 sono iniziati i bombardamenti. Arrivate a Odessa abbiamo preso un treno per Leopoli, e da lì in pullman fino a Cracovia». Insieme a Giulia viaggia anche una coppia di coniugi con la loro bambina. «A Cracovia abbiamo incontrato un signore italiano che ci ha offerto un lavoro. Ci ha chiesto se eravamo disposti ad andare ad Asti, dove diceva di avere dei contatti, per lavorare in uno stabilimento enologico. Eravamo tutti felici per questa proposta, anche perché io in Ucraina ho lavorato per un’azienda che imbottiglia spumante».
“Arrivati ad Asti, ci hanno detto di andare ad Acqui”
Del gruppo Giulia è l’unica che parla italiano, «perché ho vissuto in Italia per un certo periodo. Mia figlia ha cittadinanza italiana». A Giulia e agli altri non sembra neanche vero: prima ancora di arrivare e già un’offerta di lavoro. Pare quasi un sogno. I sette cittadini ucraini partono quindi da Cracovia alla volta di Milano: «Qui abbiamo preso il treno per Alessandria, da dove abbiamo raggiunto Asti». Una volta ad Asti, però, l’amara sorpresa: «Arrivati in stazione non abbiamo trovato nessuno ad aspettarci – racconta Giulia – così ho iniziato a telefonare al numero che quell’uomo ci aveva dato a Cracovia. Dopo vari tentativi ci hanno risposto, ma ci hanno detto che ad Asti il lavoro promesso non era più disponibile. Così ci hanno detto di andare ad Acqui Terme. Una volta giunti alla stazione ferroviaria abbiamo trovato ad attenderci una donna e il suo vicino di casa. La donna ci ha detto che ci avrebbe portati a casa sua per lavorare nelle vigne e per aiutarla nella conduzione di un rifugio per animali, ma una volta in auto ci ha anche detto che il lavoro sarebbe stato disponibile solo fra due anni. Nel frattempo avremmo potuto aiutarla a ristrutturare la sua abitazione. Arrivati sul posto, però, ci siamo resi conto che non c’erano le condizioni minime per ospitarci tutti. La casa era troppo piccola, e pure mal ridotta…».
L’aiuto della Protezione Civile
Incredula ed esasperata da quelle continue “sorprese”, d’accordo con l’altra coppia di connazionali Giulia chiede alla donna di poter tornare in stazione ad Acqui Terme, «ma lei si è arrabbiata. Ci ha dato degli ingrati ma alla fine ci ha riportati indietro». Nel frattempo, però, è calata la sera e il personale ferroviario, compresa la situazione, decide di rivolgersi alle forze dell’ordine: occorre trovare una sistemazione per la notte a quelle sette persone che ormai non sanno più dove andare. Grazie all’intervento della Protezione Civile di Acqui Terme viene messo a disposizione un modulo abitativo per le emergenze.
Questa mattina, la coppia di coniugi con bimba al seguito è partita per Praga. Tra due giorni, invece, Giulia andrà a Formia con la cognata e la nipote, «perché lì abbiamo trovato ospitalità da una mia conoscente. Mia figlia, invece, per ora starà con suo padre». Ovviamente, Giulia ha raccontato la sua versione dei fatti alle forze dell’ordine. «Spero che quello che ci è successo non capiti anche ad altri. Per fortuna, però, ad Acqui abbiamo trovato tante persone disposte ad aiutarci. Le ringrazio davvero tutte, senza di loro non so come ce la saremmo cavata».