Pinuccia, Daniel e il dovere di ricordare
La palazzina dell'omicidio-suicidio
Cronaca
Massimo Brusasco  
20 Agosto 2025
ore
07:00 Logo Newsguard
La tragedia di Rivalta

Pinuccia, Daniel e il dovere di ricordare

Lettera dei famigliari. L'impegno del centro antiviolenza. "La comunità non dimentichi"

RIVALTA BORMIDA – Il paese di Rivalta Bormida (ma non solo) il 20 agosto 2024  venne segnato da un duplice delitto.

Un uomo, Luciano Turco, 67 anni, ha ucciso la moglie (da cui era separato), Giuseppina Rocca, detta Pinuccia, 66 anni e il figlio Daniel Turco, 44 anni, disabile, ritrovato sulla sua sedia a rotelle. Turco si è poi tolto la vita.

A 12 mesi di distanza, i famigliari di Pinuccia e Daniel hanno diffuso una toccante lettera per ricordare i loro congiunti.

Pinuccia, Daniel e il dovere di ricordare

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Senza Pinuccia e Daniel

È passato un anno da quel pomeriggio che ci ha strappato Pinuccia e Daniel, lasciandoci un vuoto che nulla potrà colmare. Un anno da quella notte trascorsa in solitudine, nella loro abitazione, senza vita, senza speranza di soccorso, senza una carezza, senza la nostra presenza. È stato un anno di profonda tristezza, di rabbia e di senso di impotenza. Un anno in cui abbiamo cercato giustizia, ma soprattutto un significato a una tragedia che resta incomprensibile e inaccettabile.

In quel pomeriggio d’estate sono stati uccisi una donna amorevole e un giovane uomo che la vita aveva già messo a dura prova. Con l’arrivo di una nuova estate, gli stessi profumi, gli stessi suoni e gli stessi colori riportano alla mente ricordi dolorosi, facendoci rivivere l’angoscia di allora. È difficile arrendersi alla parola “fine” che la morte impone, perché a noi sembra ancora di sentire Pinuccia e Daniel vicini, pronti a tornare da un momento all’altro.

Un forte legame

Così vogliamo ricordarli: pieni di vita nonostante le difficoltà, uniti da un legame forte e inseparabile. Pinuccia era una donna sicura di sé ed affascinante; molti la descrivevano come una persona dal carattere forte, ma non sapevano quanto le fosse costato esserlo. Lei ne andava fiera. Ha svolto molti lavori per mantenere sé stessa e suo figlio; per un periodo ha gestito un bar molto conosciuto in città e negli ultimi anni era collaboratrice scolastica nella scuola dell’infanzia di Rivalta Bormida, il paese in cui viveva.

Daniel aveva 44 anni, quasi un metro e novanta di dolcezza e testardaggine. Un gigante buono che amava giocare a carte, guardare i film di Bud Spencer in TV, uscire per incontrare le persone. Ma più di tutto amava la pizza, sopra ogni cosa. Dal 1999 conviveva con una disabilità a seguito di un incidente stradale che gli aveva tolto la possibilità di camminare e di comunicare come prima. Negli ultimi 25 anni avevamo imparato a convivere con questo cambiamento, senza mai smettere di lottare per offrirgli nuove opportunità.

Se non fossero stati uccisi, sarebbero partiti per Veruno. È buffo come per la nostra famiglia i nomi delle città fossero ormai legati alle cliniche di riabilitazione o agli ospedali: la vita ci aveva cambiato le carte in tavola in un secondo e non abbiamo potuto fare altro che adattarci.

Una famiglia unita

La nostra famiglia è molto unita e dopo l’incidente di Daniel abbiamo affrontato momenti terribili, ma se ci aveste visto seduti intorno a un tavolo non lo avreste detto, perché ci piaceva ridere e scherzare come se la vita non ci avesse tolto nulla. Quello che ci manca di più è sentire le loro risate, mescolate alle nostre. Raccontare di loro significa custodire ciò che erano, i loro gesti quotidiani, i loro sogni, le loro passioni.

Il loro ricordo non deve perdersi nel silenzio. La loro vita, spezzata dalla violenza, ci interpella tutti: famiglie, istituzioni, comunità. Non si tratta soltanto di piangere una madre e un figlio, ma di trasformare il dolore in responsabilità.

È quello che stiamo cercando di fare, insieme al Centro antiviolenza Medea e con il coinvolgimento della comunità di Rivalta Bormida. Abbiamo promosso raccolte fondi e nel prossimo futuro vorremmo coinvolgere anche i più giovani, perché la memoria diventi educazione, consapevolezza e cambiamento.

Rivalta non dimentichi

Sogniamo un paese che non dimentichi, che sappia fermarsi di fronte a queste tragedie e dire con forza: “Mai più”. Perché ogni femminicidio non è un fatto isolato, ma il sintomo di una ferita profonda che riguarda tutta la società. Solo così il ricordo di Pinuccia e Daniel non sarà vano: diventerà una forza viva e vitale, capace di guidarci nella costruzione di una comunità più giusta, più attenta, più capace di proteggere.

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