Makka uccise il padre violento: il Pm chiede 7 anni di carcere
L’accusa contesta l’omicidio premeditato, ma concede tre attenuanti. La parola è ora passata alla difesa. Poi la Corte si riunirà in Camera di consiglio.
ALESSANDRIA – Ore 15.35 – La difesa ha concluso la sua arringa invocando alla Corte la legittima difesa, o, in subordine eccesso colposo di legittima difesa.
La Corte ora si è riunita per emettere il verdetto.
Ore 14 – Da oltre 30 minuti sta parlando la difesa. L’avvocato Massimiliano Sfolcini ha iniziato la sua arringa così: prima di essere imputata, Makka è una vittima. Del padre, ma anche della madre. So che queste parole faranno male, ma il ruolo assunto da Makka è stato devastante. La mamma l’ha coinvolta in un scontro frontale col padre.
È stata iper responsabilizzata, Makka. Oltre allo studio, lavorava, dava i soldi lei al padre per andare ad Acqui Terme. Interveniva sistematicamente tra padre e madre quando c’era un conflitto. Mediava il rapporto con le Cooperative, spiegava alle Istituzioni perché il padre si comportava in quel modo.
Parla dei trascorsi in Cecenia, il difensore, delle violenze viste. Del fatto che la famiglia era rifugiata politica. Parla del contesto in cui ha vissuto Makka, perché è l’unico modo per leggere questa storia.
Il consenso ad acquisire gli atti
Noi non abbiamo avuto strategie, afferma Sfolcini, abbiamo prestato il consenso ad acquisire tutto. La difesa è certa che solo portandovi tutto il materiale voi – rivolgendosi alla Corte – sareste stati in grado di comprendere quel primo marzo.
Racconta la storia passata della ragazza, fatta di minacce, violenze, paura.
Nel dirvi queste cose, ho un limite che mi ha imposto Makka senza dirmelo: non vuole che sia violata la sua dignità.
Il primo marzo c’è stata una violenza smisurata. Il bene vita di più persone versava in gravissimo pericolo.
Sta ricostruito l’inferno che si è verificato quel giorno, il difensore della ragazza. Non si parlava di educazione, ma di morte. Come possiamo pensare che quell’uomo avesse bisogno di un coltello per uccidere. Davvero ci barrichiamo dietro un concetto così vuoto.
Un fatto così, come quel giorno, non si era mai verificato. C’era un’offesa reale, attuale, c’erano gli spigoli, i pugni, violenza attuale. Chiunque doveva reagire.
ORE 13 – Uccise il padre violento: il pubblico ministero chiede 7 anni di carcere. Al termine della lunga requisitoria, il pubblico ministero Andrea Trucano, che ha contestato a Makka Sulaev l’omicidio volontario premeditato, ha chiesto una condanna a 7 anni di carcere. È partito da una pena base di 21 anni. Ha poi concesso tre attenuanti: la giovane età, il contesto familiare violento e il buon comportamento processuale. Questo ha portato a una richiesta finale di 7 anni.
Il delitto fu commesso il 1° marzo 2024 a Nizza Monferrato. Il processo, davanti alla Corte d’Assise di Alessandria, è ormai alle battute finali. A breve prenderà la parola la difesa della ragazza, affidata all’avvocato Massimiliano Sfolcino. Subito dopo la Corte si ritirerà in Camera di consiglio per la sentenza.
La requisitoria del Pm
Secondo Trucano, quel giorno la furia omicida prese il sopravvento nella mente e nei gesti di Makka.
“I dialoghi sono molto chiari”, ha spiegato il Pm. Ha sottolineato come il momento più drammatico sia racchiuso nella seconda coltellata. Questo, nonostante la madre della ragazza avesse tentato più volte di disarmarla. Ha illustrato la tesi della premeditazione. Secondo l’accusa, l’imputata era determinata a commettere l’omicidio fin dal Natale 2023, quando il padre minacciò la madre con un coltello.
In aula è stato letto un memoriale scritto dalla ragazza proprio il giorno del delitto. In quel testo si ipotizzava che uno tra padre e figlia potesse morire. Ampio spazio è stato dedicato anche alla questione della legittima difesa. Trucano ha riconosciuto che il comportamento del padre fosse spregevole. Tuttavia, ha sostenuto che non avesse mai messo seriamente in pericolo la vita dei familiari.
Nella sua visione patriarcale e distorta, ha aggiunto il Pm, l’uomo voleva imporre la supremazia del marito sulla moglie. Ma non aveva l’intenzione di uccidere. Durante il litigio del 1° marzo ha percosso moglie e figlia, ma – secondo l’accusa – non sarebbe mai andato oltre.
Sono stati analizzati in aula gli audio registrati in casa il giorno dell’omicidio, i messaggi tra i coniugi e quelli che la ragazza ha inviato a un’amica. “Quelle minacce fanno ribrezzo”, ha detto Trucano. “Ma lette nel loro insieme non emergono reali intenzioni omicide, quanto piuttosto la volontà di costringere la moglie a sottomettersi”.
“Voleva regolare i conti con il padre quel giorno”
Per il pubblico ministero, Makka aveva deciso di regolare i conti con il padre proprio quel giorno. Non ci sono elementi che indichino un pericolo immediato o futuro. Dopo la prima coltellata, tutti pensavano che l’uomo fosse già morto. Non rappresentava più una minaccia. La seconda coltellata, ha sostenuto Trucano, è frutto di un potente impulso omicida.
Nei suoi appunti e nei messaggi, già dal dicembre 2023, Makka aveva espresso il desiderio di porre fine al conflitto col padre. Per il Pm non si può parlare di legittima difesa. Né reale né putativa, cioè frutto di un errore nella percezione del pericolo.
Makka sapeva che ci sarebbe stato un litigio tra i genitori. La madre le aveva mostrato i messaggi scambiati col marito. Lei li attendeva a casa. Aveva già acquistato un coltello. Non cercò di calmare la situazione, ma aveva deciso di porre fine al problema. Già in passato aveva disarmato il padre, quando aveva minacciato la madre. E lo stesso 1° marzo lo aveva colpito con due pugni, riuscendo a fermarlo.
Makka, secondo l’accusa, agì con lucidità e determinazione. Lo dimostra il messaggio inviato all’amica subito dopo l’omicidio: “L’ho ucciso”. Alla fine della requisitoria, Andrea Trucano ha concesso le attenuanti generiche. Ha tenuto conto del buon comportamento processuale e della giovane età dell’imputata. Ha spiegato come il dolo si sia sviluppato in un contesto familiare segnato dai maltrattamenti.