San Michele, poliziotto aggredito. Il Sappe: “E le istituzioni?”
Il sindacato attacca: "Una decina di detenuti ha messo a ferro e fuoco due sezioni. Ci vuole una completa inversione di rotta nella gestione delle carceri"
SAN MICHELE – “Quel che è avvenuto nelle ultime ore nel carcere di San Michele è semplicemente incredibile e inaccettabile. Lo Stato non può più assistere passivamente al degrado e alla violenze di una frangia di detenuti che pensa e crede di poter fare, nella detenzione, quel che vuole”.
È senza appello l’atto di accusa di Demis Napolitano, vicesegretario piemontese del Sappe-Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria.
“San Michele ha avuto le sue pesanti criticità con due sezioni messe a ferro e fuoco da una decina di detenuti magrebini. Per una presunta telefonata non autorizzata hanno fatto mancato rientro nelle celle e colpito con un pugno il Sovrintendente della Penitenziaria in servizio. Poi ricorso alle cure del Pronto soccorso. Solo l’intervento dei colleghi fuori servizio ha riportato la situazione sotto controllo”.
“Vicini agli agenti di San Michele”
“Si è consumato un gravissimo attacco allo Stato e a chi lo rappresenta in carcere”, denuncia Donato Capece, segretario generale del Sappe.
“Ci vuole una completa inversione di rotta nella gestione delle carceri regionali e della nazione. Siamo in balia di questi facinorosi, convinti di essere in un albergo dove possono fare quel che non vogliono e non in un carcere. Facciamo appello anche alle autorità politiche regionali e locali. In carcere non ci sono solo detenuti, ma ci operano umili servitori dello Stato che attualmente si sentono abbandonati dalle istituzioni”.
“Il Sappe esprime la vicinanza al poliziotto contuso a San Michele e a tutte le colleghe e i colleghi del Piemonte”, sottolinea Capece. “Ma siamo davvero alla frutta: i detenuti rimangono impuniti rispetto alla loro condotta violenta e fanno quello che si sentono fare, senza temere alcuna conseguenza. Urgono contromisure per prevenire gli atti violenti ai danni dei poliziotti”, conclude il leader nazionale del Sappe. “Lo stato comatoso dei penitenziari non favorisce il trattamento verso altri utenti rispettosi delle regole né tantomeno la sicurezza”.