“Marcello mio” di Christophe Honoré
Dopo il delizioso e malinconico "L'hotel degli amori smarriti" (2019), il regista francese Christophe Honoré torna a lavorare con Chiara Mastroianni, in un' opera visionaria e psicoanalitica - omaggio al genio di Marcello Mastroianni
Nell’intervista a proposito di “Marcello mio” rilasciata a “Film Tv”, a cura di Roberto Manassero (n. 22, 28/05/24), Christophe Honoré sottolinea: «Come tutti adoro Marcello Mastroianni, ma non ho mai pensato al film come a un omaggio. L’idea era piuttosto mettere in relazione la memoria collettiva del cinema e la memoria privata di alcune persone impegnate nel cinema […] Non ho fatto ricerche sulla sua vita e non ho voluto dire nulla di nuovo. Marcello è entrato in tanti modi, il ricordo della sua presenza ha arricchito le scene, ha fatto sì che germinassero le une dalle altre».
Ricordare Marcello
Non è per niente semplice rammentare e insieme rendere omaggio a un grande interprete e divo a livello internazionale, quale Marcello Mastroianni è stato. Tutto questo nel 2024, anno del centenario dalla nascita dell’attore di Fontana Liri, a ventotto anni dalla sua morte (avvenuta nel 1996) e quando cardine dell’operazione memoriale è la figlia Chiara, nata dall’amore per Catherine Deneuve e anche lei attrice. Eppure, a “Polpetta” (come affettuosamente la Mastroianni ricorda nel film di venire chiamata da bambina) – così come a Honoré – la narrazione biografica, su e attraverso la memoria genetica e di famiglia (accanto a lei vediamo comparire via via la madre Catherine, gli ex Benjamin Biolay e Melvil Poupaud), riesce a meraviglia, dando vita a un piccolo gioiello filmico attraversato da un’ironia e una nostalgia lievi, brillanti, dove Chiara si smarrisce come Alice (nel paese delle meraviglie) dentro gli specchi, entra in un’altra dimensione, ritrova alla fine la propria infanzia e sé stessa.
“Un po’ meno Deneuve e un po’ più Mastroianni”
«Ho accettato di interpretare mio padre» – ha raccontato al settimanale francese “Le Nouvel Obs” Chiara – «perché mi sono fidata di Honoré che mi aveva già diretta in sei film. Ma anche perché mi sono sempre sentita dire che somigliavo a Marcello come una goccia d’acqua».*
Tutto inizia con un sogno in cui Chiara si vede col volto del padre, con tutta la meraviglia e lo sconcerto che questo comporta, poi si configura un provino per Nicole Garcia (la regista che come quasi tutti gli altri personaggi interpreta sé stessa) in cui le viene chiesto di “essere un po’ meno Deneuve e un po’ più Mastroianni”. Ma, in realtà , le prime immagini di “Marcello mio” la vedono reinterpretare a modo suo (con parrucca biondo platino e un certo imbarazzo) l’iconica figura di Anita Ekberg che si immerge nella fontana di Trevi in “La dolce vita” di Fellini, così come nel corso del film avrà modo di trasformarsi anche nel Marcello di bianco vestito che disperde malinconicamente i suoi pensieri su di una porzione di spiaggia del litorale romano e – con riferimento all’altrettanto iconico capolavoro del maestro riminese, “Otto e mezzo” – l’alter ego di un padre (occhiali, cappello nero floscio e abito scuro con camicia bianca e cravattino) a sua volta alter ego, attore feticcio dell’amico regista. È qui, in questo perenne e insistito scambio di ruoli e di identità (vedi anche la scena ambientata nello studio televisivo, in cui la raffigurazione più conosciuta del Mastroianni attore, quello del già citato “Otto e mezzo”, per intenderci, viene – in perfetto stile pop art – replicata in un numero considerevole di sosia, nella domanda apparentemente retorica su chi sia il vero Marcello) che Chiara – l’attrice, il personaggio, la donna – dopo essersi perduta ricompone finalmente i frammenti del suo esser-ci e del proprio percorso di vita (sulla scia di altre magnifiche interpretazioni di dive in abiti maschili, dalla Julie Andrews di “Victor Victoria” di Blake Edwards, 1982, alla Glenn Close di “Albert Nobbs” di Rodrigo Garcia, 2011).
La memoria e l’oblio
La ricerca spasmodica, da parte della Mastroianni, della figura paterna, sino quasi ad arrivare a una sorta di incorporazione (vagando da Roma, cimitero del Verano compreso, a Parigi, patria adottiva di Mastroianni), pur – in questa sorta di pellegrinaggio della memoria – spezzata da inserti diegetici contemporanei legati a brani musicali in voga negli anni dell’adolescenza di Chiara (da “Una storia importante” di Eros Ramazzotti, 1983, reinterpretato da lei stessa, a “Words”di F.R. David, 1982), ben simboleggia quel provare a bilanciare memoria e oblio che fa parte di ogni vissuto. Come insegna, dunque, la psicoanalisi freudiana ciascuno di noi deve, per evolversi, maturare e approdare a una originale espressione di sé, uccidere simbolicamente il padre (in questo caso: forse anche una madre che si preannuncia al telefono sulle note della “Cavalcata delle valchirie” di Wagner): e Chiara Mastroianni, in un film dal potente afflato psicoanalitico – mette in atto proprio questo metaforico omicidio, liberandosi della scomoda per quanto amata figura paterna, non prima di averla trasferita su di sé.
I fantasmi della memoria e del cinema
Il film di Honoré oscilla in continuazione tra i due poli antitetici della memoria e dell’oblio: per un Fabrice Luchini che sentenzia, su di una frase di Nietzsche, che “Tutto quello che c’è di buono nella vita è eredità”, una Catherine Deneuve canta una canzone nostalgica sul dolore della perdita, rivolgendosi direttamente all’antico amore, sempre presente e, nello stesso tempo, lontano (“Marcello, perché ridi?”), constatando con amarezza che in realtà non si tratta di festeggiare il centenario di Mastroianni, perché lui cento anni non li ha mai compiuti…
E ricordiamo, ancora, in quest’opera nella quale i rimandi metacinematografici sono davvero molteplici, l’incontro di Chiara/Marcello con il soldato inglese Colin (Hugh Skinner), in un contesto narrativo che ricorda da vicino il rapporto tra il sognatore Mario (Mastroianni) e Natalia (Maria Schell), i due giovani protagonisti del film di Luchino Visconti “Le notti bianche” (1957), tratto dall’omonimo racconto di Dostoevskij.
«Mio padre è morto quando avevo 24 anni, ogni giorno potrei parlare di lui – spiega Chiara Mastroianni in un’intervista rilasciata in occasione dello scorso Festival di Cannes – Era una persona indimenticabile, con molta fantasia e allegria, ma anche con una grande malinconia. In questo film vorrei che fosse ricordato così, con la sua grande umanità, senza egocentrismo né compiacimento, una cosa rara oggi. Mi fa piacere quando la gente pensa di conoscerlo, anche senza averlo mai incontrato».
“Marcello mio” (id.)
Origine: Francia, Italia, 2024, 120′
Regia: Christophe Honoré
Sceneggiatura: Christophe Honoré
Fotografia: Rémy Chevrin
Montaggio: Chantal Hymans
Musica: Alex Beaupain
Cast: Chiara Mastroianni, Catherine Deneuve, Fabrice Luchini, Nicole Garcia, Benjamin Biolay, Melvil Poupaud, Hugh Skinner, Stefania Sandrelli
Produzione: Bibi Film, France 2 Cinéma, LDRP II, Les Films Pelléas, Lucky Red, Super 8 Production, TSF
Distribuzione: Lucky Red