C’era una volta la TV
Complici anche i continui aggiornamenti necessari, ben 17 milioni di famiglie in Italia posseggono una smart TV, ma il dato che forse, in questo ambito, colpisce di più è il fatto che circa un terzo del traffico dati che tali dispositivi gestiscono non è riconducibile ai canali televisivi tradizionali, ma ai video giochi e ai servizi di streaming video che se ne servono come monitor, un segnale che, se letto con i 9 milioni di iscritti a Netflix, dà la misura di quanto sia cambiata la televisione nel nostro Paese e di quanto il televisore stia diventando sempre più assimilabile ad altri apparecchi come gli smartphone e i PC.
A proposito di Netflix, sospinta dai venti di recessione e dalla flessione nel tasso di crescita degli abbonati degli ultimi mesi, dai primi di novembre ha reso disponibile anche in Italia la versione del proprio servizio a poco più di 5 euro al mese con un limitato accesso ad alcuni contenuti, ma soprattutto con le interruzioni pubblicitarie all’interno dei film e delle serie. Se in questo caso si può riecheggiare l’antica e celebre accusa rivolta alla pubblicità televisiva di “interrompere un’emozione”, non si può però non riconoscere a Netflix una certa capacità non solo di offrire agli inserzionisti una audience così vasta, ma anche di fornire una certa profilazione dei messaggi pubblicitari senza incorrere nei tanti limiti di privacy che la pubblicità online oggi deve affrontare.
Con un albero di categorie costituito da 80 mila fra voci e sotto voci, la struttura dei contenuti di Netflix si presta infatti non solo ad una adeguata pianificazione degli spazi pubblicitari, ma anche a permettere agli iscritti di individuare nuove serie e nuovi film sulla base degli interessi e delle preferenze di ciascuno. Anzi, la stessa Netflix rivela che si impiegano in media 17,8 minuti prima di scegliere un video, talvolta – come il famoso “asino di Buridano” – abbandonando la navigazione di fronte ad un’offerta così abbondante e di qualità.
Fino a poco tempo fa potevamo dare ragione al suo fondatore Reed Hastings quando sosteneva che il vero concorrente di Netflix fosse il sonno: poi, con l’avvento di Amazon Prime Video, Disney+ e delle tante altre piattaforme di streaming ci siamo resi conto che si trattava di un mercato ancora più vasto. Per non parlare di quel nuovo concorrente che è TikTok, ma questa è un’altra storia.
Benchè presente nel mercato pubblicitario italiano solo da un paio di mesi, Netflix con i suoi 9 milioni di iscritti in Italia, può nel futuro rivestire un ruolo non secondario e andare ad accrescere ancor più un’offerta di soluzioni di pubblicità online già ampia e variegata.
Se la presenza sul Web per un’impresa è sempre più accessibile e se l’attivazione di un profilo social è per lo più gratuito, la visibilità necessaria a ottenere obiettivi di comunicazione e di business non può in effetti prescindere dalla definizione di un budget e dalla pianificazione di campagne pubblicitarie secondo le possibilità offerte dalle diverse piattaforme.
Come ogni attività di comunicazione, anche la pubblicità online e sui social media deve però essere intrapresa e monitorata con strumenti di web analytics efficaci a individuarne eventuali criticità e mostrarne possibili miglioramenti, ma soprattutto deve nascere da una strategia che abbia chiari gli obiettivi e una organizzazione delle competenze adeguata a gestire al meglio la relazione con i fornitori.