“Bones and All”: tra la carne e il cuore
“Bones and All”, il settimo film del regista palermitano Luca Guadagnino (l’autore, tra gli altri, di “Chiamami col tuo nome”, candidato all’Oscar nel 2018 come miglior film, e “Suspiria”, remake dell’omonima pellicola cult di Dario Argento), presentato alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia e vincitore del Leone d’argento per la regia e del premio Mastroianni per la migliore attrice emergente, si configura sin dalle prime scene come un oggetto narrativo complesso.
In parte road movie che si dipana attraverso le rare strade solitarie e le sterminate distese del Midwest (i ripetuti campi lunghi e lunghissimi a svelare l’immensità del paesaggio, filtrate dal trascolorare dei giorni e dei momenti ricordano lo stile country della regista cinese Chloé Zhao in “Nomadland”, 2020), in parte romanzo di formazione con venature splatter e orrorifiche (i due giovanissimi protagonisti si nutrono di carne umana), “Bones and All” – liberamente tratto dal romanzo della scrittrice americana Camille DeAngelis “Fino all’Osso” – è anche un inno al nomadismo dell’America reaganiana degli anni 80’ che, per traslato, assurge a simbolo di una condizione esistenziale e dell’anima.
«Si va al cinema per entrare in mondi diversi dal solito – racconta Luca Guadagnino intervistato dalla rivista “Sette” del “Corriere della Sera”* insieme al co-protagonista Timothée Chalamet (in foto) – o per vedere le cose da una prospettiva alla quale non avevi pensato prima. Raccontiamo la storia di due giovani innamorati, cannibali non per scelta. E nonostante l’aspetto davvero rivoltante della loro condizione, gli spettatori finiscono per vibrare con loro e per loro».
I due bravissimi attori protagonisti – Chalamet nel ruolo di Lee e Taylor Russell in quello di Maren – incarnano l’anima di un disadattamento giovanile, di una ricerca di radici spezzate o confuse, smarrite, che li accomunano sia agli altri straniti e grotteschi personaggi che popolano il film (vedi, ad esempio, Sully, il primo mentore di Maren, interpretato da Mark Rylance), sia al disparato gruppo dei nomadi che popolano la già citata pellicola della Zhao soltanto qualche decennio più tardi, durante la recessione americana iniziata nel 2007.
La diversità dei due ragazzi, che li rende reietti e disperati rispetto a una società come sempre troppo codificata e ottusa verso qualsiasi forma di alterità, li accomuna in una parossistica ricerca di senso e di direzione, che passa anche attraverso l’esplorazione di un desiderio amoroso che è fame e desiderio di vita, istinto di conservazione, così come il loro cibarsi di carne umana serve a introiettare il mondo.
Diversamente dalla deriva di “La carne” di Marco Ferreri (1991), in cui il cannibalismo diviene l’extrema ratio nei confronti di una passione totalizzante che non riesce ad esaurirsi in un semplice amplesso, nel film di Guadagnino la carne e il sangue diventano una forma di comunione quasi mistica con l’anima e il corpo del mondo.
«Quel che mi ha attratto profondamente, appena ho letto la sceneggiatura, e sapendo che sarebbe stata trattata dalle mani esperte di Luca, era che i motivi per disprezzare e odiare questi personaggi sono evidenti», spiega Timothée Chalamet. «Non solo uccidono, ma mangiano le loro prede. È qualcosa contro la quale i nostri istinti di umanità si ribellano. Un po’ come nelle serie alla “Breaking Bad” o in film come “Badlands” o “Bonnie & Clyde”, i protagonisti fanno cose terribili eppure, da spettatore in platea, finisci con il fare il tifo per loro».
“Bones and All” (id.)
Origine: Usa, 2022, 130’
Regia: Luca Guadagnino
Sceneggiatura: David Kajganich (dal romanzo “Bones and All” di Camille DeAngelis)
Fotografia: Arseni Khachaturan
Montaggio: Marco Costa
Musica: Trent Reznor, Atticus Ross
Cast: Taylor Russell, Timothée Chalamet, Mark Rylance, André Holland, Chloë Sevigny, Jessica Harper, David Gordon Green, Michael Stuhlbarg, Jake Horowitz
Produzione: Frenesy Film Company, Per Capita Productions
Distribuzione: Vision Distribution
*25/11/2022