“Esterno notte”: nel labirinto del potere
«Per molti anni attraverso il mio lavoro ho incontrato questa figura così importante per la storia del nostro Paese. L’ho fatto per passione civile e anche perché penso che raccontare questa storia non sia solo raccontare una storia cruciale della seconda metà del Novecento italiano, ma sia soprattutto cercare di capire cosa abbia a che fare con noi oggi. Non è solo memoria di un paese lontano, di uomini che non assomigliano quasi per nulla al nostro presente, ma è ricucire i fili di una memoria fatta a pezzi negli ultimi decenni con violenza e spudoratezza, suggerendo alle nuove generazioni che la memoria è divisiva e inutile. È come se vivessimo in un eterno presente, meglio cancellare le tracce; molte figure sono fantasmi della nostra storia, corpi a cui non è stata data degna sepoltura».* (Marco Bellocchio)
È andata in onda nei giorni scorsi la miniserie in sei puntate “Esterno notte”, in cui uno dei registi italiani più prestigiosi e di lungo corso, l’83enne Marco Bellocchio – attento sin dagli esordi di carriera a cogliere attraverso la macchina da presa gli umori ideologici e la variazione della temperie politico-sociale del nostro Paese (ricordiamo, a questo proposito, pellicole quali “I pugni in tasca”, suo lungometraggio d’esordio, 1965, “Sbatti il mostro in prima pagina” e “Nel nome del padre” 1972) – ritorna non senza conflittualità e latente dolore a interrogarsi su una delle pagine più buie della storia europea degli ultimi decenni: il rapimento durato 55 giorni e il conseguente omicidio dell’onorevole Aldo Moro, all’epoca (la vicenda si svolge tra il marzo e il maggio del 1978) a capo della Democrazia Cristiana.
La serie – fruibile sulla piattaforma di Rai Play e uscita nelle sale la scorsa estate, suddivisa in due parti, dopo essere stata presentata fuori concorso a Cannes – si apre esattamente dove terminava “Buongiorno, notte”, la pellicola del 1993 dove già Bellocchio poneva in essere la riflessione sul caso Moro (all’epoca interpretato da Roberto Herlitzka), raccontandone dall’interno del luogo di prigionia il lungo calvario: una stanza d’ospedale spoglia e in penombra, sul letto il corpo dello statista, libero ma debilitato dalla detenzione forzata e osservato con un paradossale miscuglio di timore e sollievo dai compagni di partito Benigno Zaccagnini (Gigio Alberti), Francesco Cossiga (Fausto Russo Alesi) e Giulio Andreotti (Fabrizio Contri).
Da questo sofferto incipit, che stride clamorosamente con ciò che noi spettatori conosciamo come l’autentica conclusione della drammatica vicenda, si dipanano 330 minuti di grande intensità narrativa ed emozionale, che raccontano con estrema efficacia le riflessioni politiche, i tentativi incerti, le azioni inconcludenti, le divisioni ideologiche, i maldestri tentativi di mediazione (sia da parte del governo che della Santa Sede), le aberrazioni (vedi il collettivo teatrale che in tempo reale mette in scena il rapimento e l’assassinio di Moro, o le dichiarazioni di improbabili veggenti) e le ambiguità che animarono quei 55 giorni, avviluppando in una densa cappa di cupa tensione la famiglia del leader DC e l’Italia intera.
L’opera seriale conferma per l’ennesima volta la potente capacità evocativa e di messinscena di Bellocchio, perennemente in bilico tra realismo e iperrealismo visionario, sino alla resa al limite del grottesco di alcuni motivi e situazioni: pregio e, nello stesso tempo, motivo di debolezza di un oggetto filmico peraltro di altissimo livello, che a tratti distorce fatti e personaggi entro la dimensione della maschera (come accade precipuamente per la figura di Giulio Andreotti – forte, in questo senso, di un’analogia stilistica con “Il divo” di Paolo Sorrentino, 2008 – e come, peraltro, ha caratterizzato nel 2012 il racconto della classe politica italiana in “Bella addormentata”).
Il regista piacentino esplora ancora una volta ossessivamente i labirinti e i cortocircuiti di una cronaca che impercettibilmente si fa Storia, intersecandosi con le scelte di un potere dal volto oscuro, inquietante nel suo mistero: mentre la narrazione del versante privato e domestico della famiglia Moro, con al centro la moglie Eleonora (Margherita Buy) nel suo rapporto contraddittorio con un percorso politico fagocitante, non fa che aumentare il sentimento di sdegno verso quell’ancora poco chiaro concatenarsi di eventi che portò a un così tragico finale.
L’intero cast di “Esterno notte” è realmente superlativo, compreso Toni Servillo nei panni di papa Paolo VI e, soprattutto, Fabrizio Gifuni in quelli di un Moro colto dapprima nei suoi aspetti quotidiani e nella pacatezza di politico e di uomo, poi nella profonda amarezza di chi si sente tradito dai propri amici e compagni di lotta: la sua recitazione ne restituisce con impressionante realismo mimetico le più piccole inflessioni verbali, le cadenze e la gestualità.
Gifuni, che aveva già interpretato Aldo Moro in teatro e in “Romanzo di una strage” di Marco Tullio Giordana (2012), ha dichiarato: «L’Aldo Moro che avevo avuto la possibilità di esplorare grazie a Marco Tullio Giordana era più giovane di dieci anni. In quel caso era Ministro degli Esteri e aveva un ruolo collaterale rispetto alle vicende politiche. Il Moro che si racconta in “Esterno Notte” è quello degli ultimi 55 giorni. È il Moro Presidente della Democrazia Cristiana, che si trova all’interno di una tempesta perfetta, drammatica. Aldo Moro è un uomo incredibilmente solo che si sente offeso e abbandonato da quelli che lui definisce ex amici. Credo che la bellezza e la profondità di questo racconto affondi nella capacità di Marco di raccontare i vari stati d’animo di questi personaggi».**
“Esterno notte”
Origine: Italia, Francia, 2022
Durata: 55’ x 6
Ideazione: Marco Bellocchio
Sceneggiatura: Marco Bellocchio, Stefano Bises, Ludovica Rampoldi, Davide Serino
Fotografia: Francesco Di Giacomo
Montaggio: Francesca Calvelli, Claudio Misantoni
Musica: Fabio Massimo Capogrosso
Cast: Fabrizio Gifuni, Margherita Buy, Toni Servillo, Fausto Russo Alesi, Daniela Marra, Gabriel Montesi, Paolo Pierobon, Fabrizio Contri, Pier Giorgio Bellocchio, Antonio Piovanelli, Bruno Cariello, Gigio Alberti, Bebo Storti, Fabrizio Contri
Produzione: The Apartment, Kavac Film, Rai Fiction, arte France Cinéma
Distribuzione: Lucky Red
* “Movieplayer”, 14/11/2022
** “Superguida tv”, 14/11/2022