Cronaca di una violenza annunciata: “Il signore delle formiche”
La cinepresa di Gianni Amelio arranca per le strade di una Roma di fine anni Sessanta, con il ’68 alle porte e, per contro, la cancrena degli stereotipi, dei luoghi comuni e delle banalità di genere ereditati dal fascismo ancora incombenti e duri a morire.
La m.d.p. insegue le figure ansimanti e disperate di due esseri umani dello stesso sesso (due uomini, l’intellettuale e scrittore Aldo Braibanti, conosciuto anche per la sua passione di mirmecologo, cioè esperto del mondo delle formiche; e Ettore Tagliaferri, il suo giovane amante), separati brutalmente dopo che l’austera e bigotta madre del secondo li ha scoperti mentre dormivano insieme. È questa, in fondo, la storia, drammatica e dolorosa, che Amelio racconta, dopo il ritratto vivido e impietoso del Bettino Craxi nella fase terminale della sua esistenza, in “Hammamet” (2020).
Una storia che inizia negli anni Quaranta, molto prima del paradossale epilogo del fatidico 1968, con l’amara conclusione (una condanna a nove anni di carcere, dapprima ridotti a quattro in appello e, in ultimo, a soli due, in virtù dei trascorsi partigiani del condannato) del primo processo per presunto plagio della storia d’Italia, orchestrato ad hoc per mascherare il tentativo di condanna di Braibanti a causa della sua dichiarata omosessualità.
Il film, che è prima di tutto il racconto di un clamoroso sopruso perpetrato da parte dell’Italia di allora (ma – ci si domanda – quanto di quel periodo si è realmente trasformato?) ai danni di un uomo, di un artista troppo elitario e intransigente anche con se stesso, troppo solitario per venire capito, è anche fondamentalmente una tragica (per le conseguenze, sul fisico e sulla mente di Ettore, in particolar modo) storia d’amore, che tenta con disperazione di squadernarsi per essere accettata e – forse – anche vissuta dallo spettatore con un minimo d’affetto, con la pietas che si riserva ai ‘diversi’, agli sconfitti, ai reietti della Storia.
Belle e incisive, a questo scopo, le interpretazioni di Luigi Lo Cascio nei panni di Braibanti e di Elio Germano in quelli di Ennio Scribani, il giornalista de “L’Unità” che seguì l’intero processo, scrivendone e prendendo le difese dell’intellettuale piacentino anche a costo di venire licenziato dal suo direttore: ma anche la performance appassionata del giovane Leonardo Maltese alla sua prima prova d’attore, un Ettore sensibile, intenso, dallo sguardo trasparente. «Per creare Ettore ho fatto delle ricerche» ha raccontato Leonardo Maltese a Venezia, ma «“Il signore delle formiche” parla anche di una storia d’amore. Ho tirato fuori il mio personaggio dalla sceneggiatura e ho fatto del mio meglio per rendergli giustizia».
Il regista Amelio – intervistato lo scorso settembre da Emanuela Martini per la rivista “Cineforum”- spiega: «E c’è un altro riferimento, che io una volta o l’altra dovevo fare: il finale di “Splendore nell’erba”. È finito lo splendore nell’erba, ma siamo stati felici. Anche figurativamente c’è il paesaggio di quella campagna, lo splendore è finito e, come continua Wordsworth, è finito e bisogna accontentarsi di quello che resta. Perché “Il signore delle formiche” è soprattutto una grande storia d’amore. La sua chiave sentimentale, stilistica, è l’amore».
E l’amore – di Amelio per il suo cinema, per la storia raccontata, densa di echi melodrammatici, di suggestioni verdiane; di Ettore per Aldo – si dispiega con toni lirici specialmente nel finale, carico di suggestioni musicali e atmosferiche, saturo di malinconia, di una pioggia sottile che è liberazione e catarsi, ricongiungimento e addio, cronaca di un’illusione che, per un attimo, si è concessa di diventare vera.
“Il signore delle formiche”
Origine: Italia, 2022
Regia: Gianni Amelio
Sceneggiatura: Gianni Amelio, Edoardo Petti, Federico Fava
Fotografia: Luan Amelio Ujkaj
Montaggio: Simona Paggi
Cast: Luigi Lo Cascio, Elio Germano, Leonardo Maltese, Sara Serraiocco
Produzione: Kavac Film, IBC Movie, Tenderstories, Rai CInema
Distribuzione: 01 Distribution