“Crimes of the Future”: il futuro inciso nella carne
Dopo la presentazione al Festival di Cannes, la scorsa primavera, esce in questi giorni anche sugli schermi italiani (peraltro a fine agosto e a ridosso della Mostra del Cinema di Venezia: un lasso di tempo – come sappiamo – notoriamente poco felice) l’opera ultima del maestro canadese David Cronenberg, il cui sibillino titolo viene così svelato dallo stesso regista ad Alessandra De Luca, nell’intervista realizzata per la rivista “Ciak” di agosto: «Nel 1996 ho visto un film danese, “Sult, Fame”, basato su un famoso romanzo di Knut Hmsun e diretto da Henning Carlsen. In una scena il protagonista, un poeta in cerca di affermazione, scrive sul taccuino che porta con sé ‘crimini del futuro’. Parole che mi hanno colpito molto facendo nascere in me il desiderio di leggere quella poesia, naturalmente mai scritta. È nato così il desiderio di realizzare nel 1970 un film underground e a basso budget con quel titolo. Il risultato non fu quello che speravo, ma il nuovo film non ha nulla a che vedere con il precedente».
Otto anni dopo il controverso e forse non del tutto riuscito “Maps to the Stars”, che esplorava i paradossi e l’apparato in decomposizione dello star system hollywoodiano, l’autore, tra gli altri, di “Crash” (1996) ed “EXistenZ” (1999), pioniere del cosiddetto ‘body horror’, torna al suo tema prediletto, il corpo, in tutta la sua carnale evidenza: un corpo svuotato e dissezionato dall’interno, con fredda perizia da anatomopatologo.
In un non ben precisato futuro distopico, cupo – anche a livello di scelte figurative e d’illuminazione – e abitato da una misteriosa setta di mangiatori di plastica (significativa, a questo proposito, la sequenza iniziale, contrassegnata dolorosamente dal tragico esito di un rapporto madre-figlio: «La prima scena rappresenta l’essenza stessa del film, ne è il motore e il senso. Quando si parla di futuro è necessario parlare di bambini», afferma Cronenberg nella suddetta intervista) si dipana la vicenda di Saul Tenser (Viggo Mortensen) e della sua compagna Caprice (Léa Seydoux), entrambi esponenti di una nuova evoluzione della body art.
David Cronenberg
La nuova frontiera del lavoro creativo e artistico sull’anatomia umana è, infatti, l’ingresso nel corpo stesso, il trionfo di una chirurgia (definita nel film «il nuovo sesso») che – a causa dell’innalzamento della soglia del dolore e di un’evoluzione che favorisce lo sviluppo di nuovi organi – diviene strumento di performance visiva, veicolo per un’inedita esplorazione della fisicità e persino per un erotismo e un godimento sensuale spinti ai loro limiti estremi.
Non a caso, una delle quattro pellicole girate da Mortensen insieme a Cronenberg, “La promessa dell’assassino” (2007; dopo “A History of Violence”, 2005, e prima di “A Dangerous Method”, 2011), metteva già in campo in modo molto evidente il tema della ‘scrittura’ del corpo con l’uso del tatuaggio, della sua distinzione rispetto all’ambiente circostante proprio attraverso il personaggio di Nikolai Luzhin interpretato dall’attore, nel film uomo di fiducia di un potente capo della criminalità russa.
Mortensen stesso – oramai a suo agio nel macro ruolo di divo cronenberghiano per eccellenza – ammette di essere rimasto colpito, in prima istanza, dalla complessità della storia: «Quando ho letto la sceneggiatura di “Crimes of the Future” per la prima volta ho pensato: ‘Wow, è complesso, stanno succedendo un sacco di cose molte delle quali sono piuttosto strane’. Ma ho anche riconosciuto che al centro c’era questa storia d’amore insolita ma […] tenerissima. Sono come una vera squadra come artisti, ma c’è anche un rispetto e un affetto genuino, al punto che in alcuni momenti della storia sono disposti a sacrificare le loro ambizioni creative individuali per il benessere dell’altra persona» (“Movieplayer.it”, 12/06/2022).
Il Saul di Mortensen è un personaggio che sperimenta ogni giorno la sofferenza e, insieme, il desiderio vorace («non ho molta dimestichezza con il vecchio sesso», confessa a Timlin- Kristen Stewart, ambigua impiegata del National Organ Registry e ossessionante vertice di un triangolo amoroso incompiuto) di un corpo costantemente vivisezionato, esposto, messo a nudo e fratto, così come, del resto, lo è diventato l’intero genere umano; la performance dell’attore, che recita per sottrazione lavorando molto sulla voce, sui toni bassi e rochi, rende appieno la formula espressiva di un uomo-artista nuovo, sempre distaccato rispetto alle derive o alle troppo facili conclusioni a cui approda una società marcescente che è lo specchio sbalzato nel futuro di quella attuale.
«Parole del corpo, parole della carne»: in questa vera e propria dichiarazione d’intenti, manifesto programmatico per il ‘super-uomo’ del futuro posto in essere dalla voce di Caprice come antefatto e prologo della scioccante operazione autoptica che sta per compiere sul cadavere di un ragazzino, risiede uno dei molteplici significanti di un film liminale, complesso ed enigmatico nella sua struttura – in perfetto stile Cronenberg – e, nello stesso tempo, essenziale e risolto nella prospettiva ‘ecologica’ a cui ci pone di fronte. Anziché combattere il naufragio ambientale, la visione apocalittica del mondo sommerso dalle plastiche, sarebbe, forse, meglio – secondo il regista – adattarsi all’impensabile: diventarne, insomma, dei fruitori consapevoli, in modo da provocare un’ulteriore salto evolutivo della specie umana.
In questo senso, appare emblematico il frame conclusivo di “Crimes of the Future”, con il primissimo piano di Saul ripreso da Caprice, la cui effigie ricorda da vicino quella – fra tormento ed estasi – della Giovanna d’Arco interpretata da Renée Falconetti nel capolavoro di Carl Theodor Dreyer “La passione di Giovanna d’Arco” (1928).
Alla luce di questo perturbante finale possiamo, allora, domandarci se Saul sia un perverso narcisista oppure un santo; se, per contro, si avvii verso la morte o verso la palingenesi.
Ai posteri…
“Crimes of the Future” (id.)
Origine: Canada, Gran Bretagna, Grecia, 2022, 107’
Regia: David Cronenberg
Sceneggiatura: David Cronenberg
Fotografia: Douglas Koch
Montaggio: Christopher Donaldson
Musica: Howard Shore
Cast: Viggo Mortensen, Léa Seydoux, Kristen Stewart, Scott Speedman, Lihi Kornowski, Don McKellar, Nadia Litz, Tanaya Beatty, Mihalis Valasoglou
Produzione: Serendipity Point Films, Téléfilm Canada, Ingenious Media
Distribuzione: Lucky Red