Quale è l’animale più pericolo per l’uomo?
Lo devo ammettere: non sono un tipo particolarmente coraggioso. Del resto, scriveva il Manzoni, “Il coraggio, se uno non ce l’ha, non se lo può dare”. Forse non arrivo ai livelli di Don Abbondio, ma se incontro un ceffo dallo sguardo poco rassicurante che cammina nel verso opposto al mio, cambio strada e ricordo di essermela data a gambe quando ho incrociato, camminando in un bosco della nostra provincia, un’intera famiglia di cinghiali. Senza particolari fobie, i ragni non mi stanno simpatici e trovo un segno dell’emergenza climatica il condividere la mia camera da letto con una zanzara – sempre la stessa, ne sono sicuro –da maggio a novembre. Eppure, fra un cane e un lupo, tendo a pensare che il secondo sia più pericoloso del primo. Sbagliando.
Secondo le statistiche infatti, solo una decina di persone al mondo sono uccise ogni anno dai lupi, 25 mila dai cani, ben 50 mila dai serpenti con il Mamba Nero come capofila e persino il pesce palla, la rana dorata e la lumaca di mare, nonostante nomi piuttosto tranquillizzanti, sono più pericolosi dei lupi pur non intaccando la prima posizione delle zanzare a cui sono attribuiti 725 mila decessi annuali secondo la ricerca Gatesnoes.
Certo, ci sono molte ragioni dietro la cattiva fama dei lupi e, nonostante che abbiano avuto nel passato un ottimo influencer a supportarle come Rudyard Kipling e i suoi Racconti della giungla, oggi non godono di buona stampa e tale statistica ci suggerisce di considerare sempre quanto la comunicazione incida non solo nella conoscenza che noi abbiamo di un fenomeno, ma sulla consapevolezza dei risvolti che produce e sulla fiducia che tale immagine ci induce ad attribuire ai valori che vi sono inclusi.
Chi si occupa di marketing digitale ricorre spesso, soprattutto dovendosi confrontare con persone che arrivano da esperienze di marketing tradizionale, a un modello da anni noto nelle aule universitarie che si chiama “funnel” per la forma ad imbuto che sembra suggerire.
Si tratta di una sequenza razionale di obiettivi che un’organizzazione o un’impresa debbono perseguire che include i seguenti passaggi:
- awareness;
- consideration;
- action;
- conversion;
- loyalty;
- advocacy.
Il digitale non solo offre nuovi strumenti per accompagnare il consumatore lungo questo percorso di scelta, ma lo innova nel profondo. Le recensioni ad esempio, che un tempo, nella veste del classico passaparola, intervenivano solo a valle di un acquisto, oggi influenzano il consumatore prima dell’acquisto. Google ha chiamato questo passaggio lo “Zero moment of Truth”. La Rete può supportare dunque in tutti gli step del funnel, d esempio:
- awareness, con la pubblicità display e social;
- consideration che raccoglie la notorietà per portarla sul piano della relazione e quindi della fiducia. Di qui l’importanza del sito web, dei profili social e della gestione della reputazione online;
- action con inviti chiari grazie a una adeguata user experience e a iniziative di lead generation;
- conversion con il crescente uso di WhatsApp e dei messaggi automatizzati per qualificare un contatto;
- loyalty con la cura di un piano editoriale sui social media o attraverso le newsletter;
- advocacy attraverso contenuti e iniziative volte a generare condivisione di contenuti e attività.
Il digitale ha cambiato il marketing, ma il successo di un’iniziativa deve partire dalla consapevolezza che di fronte abbiamo sempre delle persone e più le inseriamo in una strategia più sappiamo collocare correttamente le azioni condotte in un percorso coerente e incisivo.