Casa di comunità: l’ipotesi per salvare l’ospedale vecchio
Presentato a Torino il piano per il rilancio del Sant’Antonio
OVADA – Un’occasione di rilancio per il Sant’Antonio, l’ospedale vecchio di via XX Aprile che necessita di cure. L’ipotesi sulla quale lavorare parte dal territorio, con una delegazione dei sindaci dell’Ovadese ne ha discusso durante la recente visita a Torino negli uffici dell’assessorato alla Sanità.
«Ovada – sintetizza il sindaco, Paolo Lantero – attende la casa di comunità». L’occasione può arrivare dal piano di riorganizzazione della sanità nella nostra Provincia. Anche questo progetto è stato presentato in Regione pochi giorni fa ma i dettagli noti al momento sono pochi.
Fase embrionale
Quattro centrali operative destinate a coordinare le attività, nove case di comunità e tre ospedali di comunità. Questo, in estrema sintesi, il contenuto dei piani che in una prima fase riguarderà soprattutto gli edifici. Tutti già di proprietà dell’Asl. I fondi necessari – si parla di ventidue milioni di euro – arriverebbero dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. In questo contesto si inserisce il Sant’Antonio.
«Lavoriamo a questa prospettiva già da un po’ – prosegue Lantero -. In realtà la proposta che è stata presentata arriva dal Consorzio Servizi Sociali, una squadra sempre pronta a intercettare le esigenze del territorio e a tradurle in progetti». L’obiettivo finale è una migliore integrazione tra la sanità distrettuale, quella serie di servizi per i quali l’ospedale vecchio non è più adeguato, e le attività a sfondo sociale.
Su questo punto un accordo di massima era stato trovato con Claudio Sasso, direttore del Distretto Sanitario fino all’inizio di settembre. Il discorso eventualmente andrà ripreso se e quando arriverà un’indicazione sulla figura che raccoglierà il testimone.
Locali e ambulatori
La distribuzione degli spazi sarebbe già definita con la sanità di territorio più accessibile a una popolazione con caratteristiche ben precise: cronicità da gestire, in qualche caso difficoltà di deambulazione. La parte più alta dell’edificio, che ha un valore architettonico rilevante, rimarrebbe a disposizione dei Servizi Sociali.
Una volta definiti i dettagli a proposito degli spazi si aprirebbe la partita per riempirli di contenuti, quegli ambulatori in parte da recuperare e in parte “dirottabili” fino a qualche tempo fa in via Ruffini all’ospedale civile.
Costi e relatori
La cifra da spendere per il recupero di ogni struttura è indicata nel piano, 1.5 e 2 milioni di euro. Il piano discusso in Regione parla, come detto, di tre strutture di questo tipo: posti letto compresi tra 20 e 40. Ma non c’è un’indicazione sull’effettiva collocazione. Non è nemmeno chiaro se l’esperienza ovadese potrebbe essere annoverata nell’attuale numero o se è da considerare un elemento in più.
Fra i relatori del progetto Orazio Barresi (al centro, nella foto sopra), attuale dirigente Asl e già alla guida del Distretto Sanitario di Ovada. In quella veste ricevette il documento redatto dal Consorzio Servizi Sociali che indicava il progressivo venire meno di molti servizi all’interno del Sant’Antonio. Proprio nel 2016 si sviluppò l’interlocuzione tra tecnici sanitari e sindaci per rallentare l’emorragia senza peraltro risultati apprezzabili.