Scripta Volant – Il successo dei contenuti effimeri
Nel famoso film “The Social Network”, l’allora fidanzata di Mark Zuckerberg (anche se lei non sapeva di esserlo) lo avverte che su Internet “si scrive con l’inchiostro e non con la matita”: anche oggi può capitare di scrivere un messaggio o un post che si vorrebbe subito dopo cancellare per ciò che si è scritto o anche solo per la forma con cui lo si è fatto.
Forse è per questo che hanno tanto successo i cosiddetti “contenuti effimeri” come le storie su Instagram che, salvo che non siano messe in evidenza, hanno il compito di sparire ed essere dimenticate. Non vi è alcun dubbio dunque che avranno altrettanto successo i messaggi impostati in una chat su WhatsApp per scomparire dopo 7 giorni e che però debbono essere attivati cliccando sul contatto o sul nome del gruppo per le quali si intendono abilitare. Lo avete già fatto?
Eliminare messaggi con video pesanti o le solite immagini “buongiorno caffè”, risparmiare spazio sul telefono, persino cancellare prove imbarazzanti: Internet sempre di più assomiglia alla mappa del mondo di Borges che riproduceva in scala 1 a 1 l’impero, un “raddoppio del mondo” dal quale è dunque opportuno, in qualche caso, cancellare qualche tassello.
Chi, tra noi, ha varcato il Rubicone e ha deciso di usare i social media non solo come un ambiente dove informarsi o dove fare ricerche per reperire notizie o ancor più contatti professionali, ma ha scelto di intraprendere la ben più impegnativa strada di “farsi seguire”, di prendere posizione e di offrire spunti e dati, idee e suggerimenti agli altri attraverso la pubblicazione di contenuti, sa quanto sia importante parlare la lingua dei social.
Parlare la lingua dei social non significa però condividere gattini che saltano o rilanciare meccanicamente articoli letti: vuol dire scegliere una propria “voce” distintiva, predisporre un piano editoriale fondato sull’equilibro fra esperienze personali e contenuti informativi, migliorare il proprio comportamento guardando i dati ed accostando sempre l’alto e il basso: se condividiamo un’informazione “seria” introduciamola con un tono più leggero, se esponiamo il nostro pensiero, non disdegnamo di caricare una foto o un’immagine di commento.
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Un buon modello per destreggiarsi fra tutte le possibilità è il “Quadrato dei contenuti digitali” di Wired che offre una metodologia eccellente per scegliere il contenuto giusto sulla base della piattaforma digitale sulla quale pubblicarlo.
Si tratta di un diagramma cartesiano che ha sull’asse delle ordinate un continuum fra contenuti brevi e contenuti lunghi e sull’asse delle ascisse un continuum fra il tempo reale, dell’attualità e il cosiddetto “tempo di Internet” che dall’oggi è del tutto slegato.
Se partiamo dal primo quadrante (tempo di Internet + contenuto lungo) allora dobbiamo pensare a come realizzare contenuti di un sito o di un blog e pensati per Google come i glossari e i forum, i tutorial e le FAQ che mirano a sedimentarsi in Rete.
Scendendo verso il basso e quindi accostando il “tempo di Internet” al contenuto breve troviamo i meme e le infografiche, le mappe interattive e le gif animate, le liste e le immagini arricchite che puntano a raccontare in modo incisivo un concetto e che trovano il loro ambiente ideale in ambienti come Facebook o, sul piano professionale, Linkedin.
Il quadrato prosegue poi verso l’attualità e quando incrocia la dimensione del contenuto breve affronta la dimensione tipica di Instagram o Twitter grazie alla volontà di condividere un’esperienza con una foto o commentare una notizia con una card o un’immagine.
Ultimo quadrante (contenuto lungo + tempo reale) è quello adeguato ad una lettura strutturata: sono gli articoli che possono essere scritti su un blog.
Il quadrato di Wired termina con l’avvertenza a non avventurandosi nella “zona grigia”, una sorta di spazio centrale del diagramma dove un contenuto perde forza e quindi non riesce a conseguire la leva per poter prevalere in un contesto dove gli algoritmi dei motori di ricerca e dei social media devono sempre più essere la leva per non godere di una virtù che va bene per un super-eroe, ma non per chi voglia avere successo online: l’invisibilità.