Venezia 78. “Qui rido io” di Mario Martone
È un’opera affascinante “Qui rido io” di Mario Martone, l’ennesima fra le sue a ritrovare nella cultura e società tardo ottocentesca e di inizio Novecento le radici di una ‘italianità’ e di una “napoletanità” che hanno fatto scuola nel mondo (e a cui fanno palese riferimento le melodie della tradizione partenopea che accompagnano il fluire della storia).
Un film barocco, tendente al melodramma, eccessivo nei contenuti, rigoroso e classicamente orchestrato nella forma, come nel trittico precedente “Noi credevamo” (2010), “Capri-Revolution (2014), “Il giovane favoloso” (2018), nel quale attraverso la figura dirompente di Eduardo Scarpetta, maestro di una certa commedia napoletana di frizzi e di lazzi, certo, cara al popolo ma anche molto lontana dalla ripetitività consolidata della Commedia dell’Arte (vedi il Pulcinella soppiantato dal Felice Sciosciammocca del maestro commediografo e gran mattatore), il regista napoletano fa assurgere gli ori scrostati, i finti orpelli, la caotica decadenza dell’ambiente del teatro a emblema di una ‘mise en scene’ che rassomiglia alla vita.
«Ho voluto fare un romanzo – ha spiegato Martone – in cui si entrasse e uscisse dalla scena senza soluzione di continuità. Dal palco a casa, mantenendo anche dolore e depressione, un altro lato caratteriale del grande istrione comico. L’arte, poi, ha a che fare con la vita, quindi anche con la comunità e la politica. Il teatro è un’assemblea, riunisce tante fasce sociali. Anche per questo è irrinunciabile. Scarpetta era un patriarca, ma ci sono nel film anche forti figure femminili, unite da una evidente sorellanza, che si aiutano a gestire queste varie famiglie, una situazione complessa. Oltre a opporsi alla potenza di Scarpetta come patriarca. Abbiamo fatto una sintesi fra alcuni dati storici e altri di invenzione, come aver immaginato i figli al processo più grandi rispetto alla realtà. Non abbiamo voluto fare una biografia tradizionale, ma l’abbiamo scritta come una commedia, tutta in interni, inchinandoci a Eduardo De Filippo e alle sue opere, avendole studiate. Soprattutto la sua capacità di affrontare nella forma della commedia complessità, intrecci, le ombre della vita».
L’esistenza come rappresentazione, dunque, che si eleva sia nella dimensione privata che in quella pubblica di Scarpetta e della sua enorme, variegata famiglia (tra la consorte ufficiale, un’amante di vecchia data e le diverse relazioni passeggere) a sintesi e simbolo di una modalità dell’essere e, ancora, di una società nel suo complesso, sul crinale di un tempo nuovo che vide il passaggio dal teatro al cinema (di cui desidera far parte Vincenzo, uno dei due figli che Eduardo ha avuto dalla moglie Rosa e che considera erede del personaggio di Sciosciammocca), dalla commedia popolaresca a quella drammatica, colta ed elitaria ben incarnata da quella “Figlia di Iorio” del poeta-Vate Gabriele D’Annunzio.
«Le commedie di Eduardo sanno raccontare la tristezza e la malinconia delle persone, le ombre della vita, ma facendolo trovando la maniera di far ridere», racconta Martone. «Questo mi ha portato a voler scrivere un film che fosse a propria volta una commedia. Scritto e girato in interni e cercando una sintesi tra cos’è l’arte teatrale e quella popolare. Questo viene rappresentato anche nello scontro tra Scarpetta e D’Annunzio, con il drammaturgo napoletano che cerca di graffiare il poeta aulico usando il teatro come un’assemblea dal valore sociale».
In “Qui rido io” si trova, però, anche il senso della fine, della decadenza spirituale e creativa di un artista iconico già in vita (come testimonia la lunga galleria di ritratti domestici di Scarpetta, impressionanti testimonianze del suo mimetismo istrionico), mentre l’afflato vitalistico dirompente e a tratti persino eccessivo pare, al contrario, voler dissimulare ed esorcizzare una morte annunciata.
L’eredità da commediante che il commediografo lascia in particolar modo a Eduardo, Titina e Peppino – i tre figli illegittimi avuti da Luisa De Filippo, nipote della moglie – si fa testimonianza incontrovertibile del trapasso a un nuovo modo di intendere l’arte e a quel ‘qui rido io’ che nel lavoro del geniale erede si stempera in un umorismo malinconico e graffiante.
«Ogni artista invecchia e sa che le generazioni successive lo metteranno a morte. E ognuno, infatti, ha il suo fantasma di Pulcinella che a un certo punto verrà a perseguitarlo. In “Qui rido io” cerchiamo di affrontare questo senso di imminente perdita e, insieme, cosa significava fare parte di una famiglia come quella di un genio artistico quale Scarpetta, ricostruendo la sceneggiatura su documentazioni e processi, ma cercando di penetrare nell’impenetrabile attraverso l’immaginazione», precisa Martone.
Spiccano nel film le ottime prove del nutrito cast di attori, da Maria Nazionale nei panni di Rosa De Filippo a Iaia Forte in quelli di Rosa Gagliardi, prima attrice della compagnia di Eduardo, sino a Eduardo Scarpetta, pronipote del commediografo, da cui ha ereditato il nome e il talento artistico.
Su tutti primeggia, in una performance di altissimo livello, un Toni Servillo in grado di andare ben oltre il ruolo, proponendosi come maschera comico-drammatica estremamente mobile e satura.
«Scarpetta ha inaugurato la recitazione moderna dei canoni del teatro napoletano», ha sottolineato lo stesso Servillo. «Prima di lui si recitava ancora nello stile della commedia dell’arte. Con lui il testo inizia ad essere fondamentale, il suggeritore viene tolto perché ogni attore dove conoscere a menadito la sua parte. È stato un genio della satira e non poteva perdere un’occasione ghiottissima come prendere in giro D’Annunzio, di cui ha però sempre ammirato l’acume, ma per sua natura non poteva che ribellarsi a quel modo di recitare enfatico e tradizionale».
“Qui rido io”
Origine: Italia, 2021, 133’
Regia: Mario Martone
Sceneggiatura: Mario Martone, Ippolita di Majo
Fotografia: Renato Berta
Montaggio: Jacopo Quadri
Cast: Toni Servillo, Maria Nazionale, Cristiana Dell’Anna, Antonia Truppo, Eduardo Scarpetta, Roberto De Francesco, Lino Musella, Paolo Pierobon, Gianfelice Imparato, Iaia Forte, Roberto Caccioppoli, Greta Esposito, Nello Mascia, Gigio Morra
Produzione: Indigo Film, Rai Cinema, Tornasol
Distribuzione: 01 Distribution