Dal Centrosinistra la ricetta per l’emergenza: «Creare una Fondazione di Comunità»
De Lorenzi e Garbarino propongono un nuovo modello per la raccolta fondi
ACQUI TERME – I Consiglieri comunali del Centrosinistra Milietta Garbarino e Carlo De Lorenzi avanzano una proposta su come affrontare le emergenze sociali che la pandemia ha gravemente amplificato.
«Ad agosto e settembre ci siamo illusi che il peggio fosse alle spalle – premettono – Ma non è stato così. Oggi ci ritroviamo a parlare, in termini di urgenza immediata, di esigenze sociali e di nuovi bisogni. E ancora una volta il soggetto pubblico, compreso il Comune, deve agire con celerità e serietà per soddisfare nuove esigenze, sconosciute e incalcolabili».
Una riflessione che parte dall’analisi della scorsa primavera: energie messe in campo, risorse della comunità, solidarietà, e ‘sbavature’. «Una delle poche cose positive emerse dalla prima crisi primaverile è stata la riposta solidale dei cittadini, sia sotto forma di volontariato che di raccolta fondi – spiegano i piddini – In questo intervento vogliamo soffermarci su questo ultimo aspetto. Durante la prima fase la raccolta fondi è stata indirizzata prioritariamente a soddisfare bisogni sanitari ed è stata svolta da soggetti privati (cui debbono andare i ringraziamenti di tutta la cittadinanza). Adesso per fortuna questa esigenza sembra in gran parte superata, mentre sembra rimanere l’emergenza sociale. Per affrontare queste esigenze servono soldi, ovviamente, ma anche capacità di spenderli. Non solo cibo, ma aiuti per gli affitti (magari sotto forma di garanzia per i proprietari delle case), bollette, esenzioni (o sgravi) dal pagamento di rette. Magari borse di studio per i figli di chi ha una attività chiusa o in difficoltà».
Come rilevano gli stessi Consiglieri il Comune, per vincoli giuridici e burocratici, non può diventare collettore di somme, né può avere grande elasticità nella distribuzione. «Ma non può limitarsi a segnalare le singole iniziative poste in campo da associazioni o enti privati, senza cercare perlomeno un coordinamento (nel rispetto ovviamente della libertà di ogni soggetto che voglia raccogliere fondi per sé) – evidenziano – Può ad esempio, unendo le sue forze con quelle dei Comuni del territorio (dato cha agiscono già insieme in Asca cioè lo strumento esecutivo delle politiche socio assistenziali), svolgere un ruolo fondamentale aiutando la nascita (ma ci vuole tempo che oggi non abbiamo) di Fondazioni di Comunità oppure stabilire collegamenti con fondazioni esistenti, con le quali costituire un fondo di donazione dotato di regole certe, chiare, trasparenti, verificabili e garantite dalla presenza e appunto dal controllo dell’ente pubblico. Con questo Fondo si potrebbe contribuire alle esigenze delle associazioni attive sul territorio, o anche di singoli cittadini e imprenditori».
Con associazioni socio-assistenziali in campo e Fondazione di Comunità secondo De Lorenzi e Garbarino si potrebbe coordinare l’intero processo di donazione conferendo a monte una maggiore risonanza ed autorevolezza alle iniziative e a valle un uso razionale delle somme raccolte. «La partecipazione di vari soggetti della comunità esclude la centralizzazione, e la forma scelta limiterebbe la burocratizzazione – fanno notare – Naturalmente non inventiamo nulla, anzi prendiamo esplicitamente spunto da esperienze di successo già presenti da alcuni anni anche in Piemonte, ad esempio nel Verbano dove, con numeri di abitanti non molto diversi dal nostro territorio, si è raccolta per esigenze sociali la somma di 630mila euro da marzo ad oggi. Utilizzando uno strumento che permette prima una raccolta e poi una distribuzione razionale, trasparente e in tempi rapidi, a soggetti diversi».
L’operazione andrebbe a rafforzare il senso di appartenenza e identità utile ad affrontare anche azioni di sviluppo future. «Perché se non dimostriamo di essere una comunità, non gruppi separati che vanno ognuno per loro conto anche nella raccolta fondi, rischiamo di perseverare in una dinamica che non fa crescere la città» la conclusione.