“La dea fortuna”: il viaggio di Özpetek nel ‘cuore sacro’ di una coppia in crisi
Una storia corale, com’è nello stile migliore del regista turco. Magistrali le interpretazioni di Edoardo Leo e Stefano Accorsi, Jasmine Trinca sempre all’altezza del suo ruolo
CINEMA – Non voglio ballare/C’è solo mezza luna stanotte/Niente può accadere/Perfino lontano da niente succede qualcosa/Ma non qui: il testo struggente della canzone di Ivano Fossati – Luna diamante -, restituito dalla voce affilata di Mina, rende al meglio l’essenza della storia che si dipana insidiosa attraverso le vite di Alessandro (Edoardo Leo) e Arturo (Stefano Accorsi), una coppia di lungo corso e recentissima crisi: il primo idraulico, dal carattere muscolare e senza mezze misure, il secondo traduttore, sensibile, misterioso e fragile.
Una storia corale, com’è nello stile migliore del regista turco, che ricorda, sì, altre sue opere di successo (da Le fate ignoranti a Saturno contro a Mine vaganti), ma senza prenderle come obbligatorio punto di riferimento, fossilizzandosi su di esse.
La coralità (rappresentata da un cast importante e affiatato, rappresentato – oltre ai due attori principali – da vecchie e nuove conoscenze di Özpetek: Serra Yilmaz, Filippo Nigro, Yasmine Trinca, Barbara Alberti e i due bravissimi ragazzini Sara Ciocca ed Edoardo Brandi), intessuta di differenze di genere, di orientamento sessuale, culturale, di condizione sociale o, più semplicemente, di vita, è un elemento gioioso sempre caro ad Özpetek, che qui trascolora nella quotidianità più rassicurante. La felicità – come esprime in maniera evidente la scena del ballo improvvisato sotto la pioggia – consiste nel vivere insieme e condividere determinati, piccoli ma preziosi istanti e null’altro conta, null’altro è visibile al di fuori di questa riconciliazione degli opposti.
L’amore e l’amicizia, i sentimenti parentali, non conoscono quelle categorizzazioni puramente esteriori in cui l’essere umano ama rinchiudersi e la “dea fortuna” del titolo (elemento allegorico ma anche tangibile a legare gli snodi della narrazione, riferimento a un luogo specifico – il Tempio della Fortuna Primigenia di Palestrina, poco fuori Roma – che fa da sfondo a un frammento non peregrino della vicenda) non basa il suo operato su questo tipo di distinzioni.
Semmai, la dea fortuna mette alla prova: non solo la coppia protagonista, ma anche la loro cerchia d’amicizie, gli affetti consolidati: tra questi, Annamaria (una Jasmine Trinca sempre all’altezza del suo ruolo), che all’improvviso riemerge dal passato con due figli al seguito, Martina e Alessandro, e molte incertezze sul futuro.
Ne nasce una sorprendente odissea, un viaggio sia geografico che interiore, che conduce Arturo e Alessandro all’interno, sino al “cuore sacro”, al nucleo ardente e nevralgico della loro relazione in crisi, ma anche all’esterno, attraverso le strade e le piazze di una Roma che si svela dal quartiere Nomentano a Villa Pamphili, dal Tevere a Palestrina, e oltre, verso Bagheria e una Sicilia dal mare trasparente. Dove, non a caso, il film si apre e si conclude, nel passaggio dalle porte chiuse a chiave di un’antica dimora culla di segreti dolori, orrido regno di una nonna -“strega” (vedi, a questo proposito, il piano-sequenza iniziale, profondamente permeato da quel senso del favolistico, del misterico e, a tratti, del gotico che è una delle marche stilistiche primarie del regista) al sentimento di riconquistata libertà regalato dalla contemplazione della linea di un orizzonte marino, nel finale.
«Volevo un quartiere come quello delle Fate ignoranti, dove vivo da anni, ma che non ha più il carattere che aveva una volta» – ha confessato Özpetek nel corso di un’intervista al mensile “Ciak”, riguardo le location scelte per il film. «Appena siamo entrati in casa ho detto subito che andava bene, senza nemmeno vedere le altre proposte. Era stupendo, l’ideale… Io stesso vorrei una casa cosi nella mia vita». Sul Tempio della Fortuna Primigenia il regista sottolinea che si tratta di «un complesso sacro dedicato alla Dea Fortuna. Ma non è, come molti pensano, riferita solo alla “buona sorte”; è fondamentale il modo in cui ognuno di noi reagisce al Caso e alla Fortuna. Siamo noi che determiniamo se quello che ci succede è positivo o negativo. C’è chi lo chiama libero arbitrio. A parte l’affetto che ho per quel luogo, mi sembrava perfetto come riflessione di partenza per raccontare una storia d’amore che ancora non avevo mai raccontato». Infine, Villa Valguarnera di Bagheria nei ricordi di Özpetek «sembrava la casa di Hansel e Gretel, era quello che volevo. Anche con i suoi macabri affreschi, fatti realizzare dal bisnonno della proprietaria, una amica di Giuseppe Tornatore, come a invitare tutti a godere del buon cibo e della vita perché la morte prima o poi arriva per tutti».
Un po’ almodovariano per forma e contenuti, saturo di colori (dei cibi, delle ambientazioni), di sentimenti e sentimentalismi, di sguardi (intensissimi quelli che si scambiano Alessandro e Arturo, fra di loro e con i due bambini che gli vengono affidati), discussioni e riflessioni; sempre giocato sull’esilissimo filo che separa – nel cinema di Özpetek – la commedia realista dal melodramma, La dea fortuna è diverso da ciò che appare in prima istanza. A dispetto dell’involucro che lo avvolge, non è basato sull’eccesso: è malinconico e gioioso nel dipingere i paradossi del vivere, l’ansia del tempo che scorre, la lenta consunzione della passione che, diventa, però, un sentimento nuovo. A questi temi Özpetek affianca, con estrema naturalezza (anche grazie alle magistrali interpretazioni di Leo e Accorsi), il delicato ma fondante discorso sulla bellezza e la legittimità dell’idea di famiglia, anche quando quest’ultima non si declina nella maniera più tradizionale (e, del resto, la storia familiare di Annamaria si rivela, in questo senso, emblematica).
La dea fortuna può non essere il miglior film del regista turco, ma è senza dubbio uno fra i più sinceri, anche nel condividere con lo spettatore la consapevolezza della caducità di ogni cosa: finire, come nella canzone di De Andrè, ma con un ridere rauco/E ricordi tanti/E nemmeno un rimpianto.
La dea fortuna
Regia: Ferzan Özpetek
Origine: Italia, 2019, 118’
Cast: Stefano Accorsi, Edoardo Leo, Jasmine Trinca, Serra Yilmaz, Filippo Nigro, Barbara Alberti, Sara Ciocca, Edoardo Brandi, Cristina Bugatty, Pia Lanciotti
Soggetto: Gianni Romoli, Ferzan Özpetek
Sceneggiatura: Gianni Romoli, Silvia Ranfagni, Ferzan Özpetek
Fotografia: Gian Filippo Corticelli
Musiche: Pasquale Catalano (musiche originali)
Montaggio: Pietro Morana
Scenografia: Giulia Busnengo
Costumi: Alessandro Lai, Monica Gaetani
Produzione: Tilde Corsi e Gianni Romoli er Warner Bros. Entertainment Italia, R&C Produzioni, Faros Film
Distribuzione: Warner Bros. Pictures