L’odissea di Ingrid e della sua bimba, morte all’ospedale di Alessandria
La famiglia presenta un esposto
ALESSANDRIA – Ingrid Vazzolla aveva 41 anni. Era incinta di otto mesi. Né lei, né la sua piccola si sono salvate: sono morte martedì (18 giugno) nel reparto di ginecologia dell’ospedale di Alessandria. Basterebbe questo per connotare un dramma nel dramma. Invece sembra esserci altro: la famiglia ha presentato un esposto in Procura perché vuole capire se, intervenendo in maniera diversa, mamma e figlia avrebbero potuto essere salvate. Si sono affidati agli avvocati Francesco Sangiacomo, Gabriella Angela Massa e Vittorio Spallasso.
Ci sono zone d’ombra, secondo loro, che solo l’inchiesta potrà dipanare. Anche perché né la Procura, né il posto di Polizia dell’ospedale, sarebbero stati avvertiti tempestivamente dei decessi. Questa mattina le autorità non erano ancora a conoscenza della tragedia.
L’odissea inizia verso le 23.30 di lunedì 17 giugno.
Ingrid Vazzola ha forti dolori lombari e articolari che le impediscono anche i più semplici movimenti, febbre e vomito. La donna è incinta, alla 35° settimana, è spossata e la febbre sale a 38.4. Il marito, Stefano Mantelli, decide di accompagnare la moglie al pronto soccorso dove arrivano all’una del mattino. Al pronto soccorso i sintomi non migliorano. Viene visitata dopo un’ora, alle 2. I medici eseguono alcuni esami, altri vengono disposti ed effettuati in ginecologia (compresa un’ecografia per verificare lo stato del feto).
Durante la notte alla 41enne viene misurata la febbre almeno due volte, nonostante la somministrazione di paracetamolo la temperatura non scende.
Il martedì mattina, alle 10, la donna viene dimessa per ‘verosimile virosi in gravidanza’: la prescrizione è stare a riposo e assumere Tachipirina 1000. Marito e moglie tornano a casa, ad Oviglio, ed è il tracollo.
Verso mezzogiorno la situazione precipita, la donna non riesce più a camminare. Tornano al pronto soccorso, Stefano Mantelli porta, spingendo fisicamente la carrozzina, la moglie in ginecologia. Dopo la visita i medici gli dicono che devono intervenire d’urgenza, si cerca di salvare la bambina praticando un cesareo.
Il tempo si ferma per quel papà che si vede portare via la sua compagna di vita incinta della loro seconda figlia. Un tempo scandito da paura e poi dolore. Tanto dolore.
Poco dopo le 13.30 Stefano Mantelli telefona alla suocera, Maria Gabrielli (mamma di Ingrid) e l’avverte che la moglie è appena stata portata in sala operatoria. Dopo circa due ore i medici gli comunicano che la bambina è morta, lo era già quando è stato praticato il cesareo.
L’uomo è sconvolto ma cerca di capire come stia sua moglie. A quel punto le risposte diventano nebulose. Quello che gli spiegano è che Ingrid deve rimanere in terapia intensiva uno o due giorni per le gravi condizioni derivanti da un’infezione. Passano i minuti e i medici tornano a farsi sentire. “C’è un forte sanguinamento, dobbiamo rimuovere l’utero. Abbiamo bisogno il consenso”.
Mamma e marito della 41enne acconsentono. Lì, spaventati, ci sono il marito di Ingrid, la mamma, il papà della 41enne, Pietro Vazzola, e la sorella di Ingrid, Petra. I medici spiegano che stanno continuando la terapia antibiotica ma l’emorragia non si ferma, nonostante l’intervento. Alle 18.30 la notizia della morte. Sarà Petra a chiedere se si sarebbe potuta salvare in caso di terapia antibiotica tempestiva. La risposta è stata “in termini possibilistici”.
I parenti sono stati invitati dall’ospedale per il giorno successivo (mercoledì 19 giugno) per prestare il consenso agli accertamenti interni. L’autopsia, se eseguita in quel modo, però, non avrebbe potuto avere un contraddittorio.
Ora, il caso verrà valutato anche dalla magistratura. I famigliari nomineranno un loro consulente che, partecipando all’esame autoptico che si presume verrà ordinato dal Pm, chiarirà cosa è accaduto.