Stanlio & Ollio
Questa è la storia di una coppia, formata da due indimenticabili attori pietre miliari del cinema americano a cavallo tra lepoca del muto e lavvento del sonoro, fotografati, però, nella fase calante, verso la metà degli anni Cinquanta, quando vengono scritturati per una lunga tournée teatrale inglese che dovrebbe rinverdirne la fama
Questa è la storia di una coppia, formata da due indimenticabili attori pietre miliari del cinema americano a cavallo tra l?epoca del muto e l?avvento del sonoro, fotografati, però, nella fase calante, verso la metà degli anni Cinquanta, quando vengono scritturati per una lunga tournée teatrale inglese che dovrebbe rinverdirne la fama
“Stanlio & Ollio”, del regista inglese Jon S. Baird (l’autore di “Filth”, 2003, e “Cass”, 2008, oltre che di alcuni episodi delle serie televisive “Vynil” e “I’m Dying Up Here”), è un biopic atipico e molto sui generis, perché non si limita a raccontare un’esistenza ma trasforma due percorsi umani e artistici, strettamente intrecciati, in uno, splendido e straordinario.
Questa è la storia di una coppia, formata da due indimenticabili attori – Stan Laurel e Oliver Hardy – pietre miliari del cinema americano a cavallo tra l’epoca del muto e l’avvento del sonoro, fotografati, però, non nel momento culminante della loro ascesa, bensì nella fase calante, verso la metà degli anni Cinquanta, quando vengono scritturati per una lunga tournée teatrale inglese che dovrebbe rinverdirne la fama.
Il film – trasposizione del libro “Laurel & Hardy – The British Tours” di A.J. Marriot, pubblicato nel 1993 – ha un prologo nel 1937, sul set de “I fanciulli del West” (conosciuto anche come “Allegri vagabondi”) diretto da James W. Horne, luogo e momento spartiacque per l’amicizia e la carriera comune dei due divi, che si trovano per la prima volta in forte e radicale contrapposizione: Stan, la mente del duo, l’instancabile e sagace creatore di sketch e battute, è stanco delle vessazioni professionali cui li sottopone Hal Roach, il loro produttore, e minaccia di passare ad un altro studio, mentre il più accomodante Oliver abbozza e tergiversa. Ne nascerà una temporanea separazione della coppia comica per eccellenza e una pellicola – “Zenobia” (“Ollio sposo mattacchione”) – diretta nel 1939 da Gordon Douglas e interpretata dal solo Hardy insieme a Harry Langdon.
L’incipit di “Stanlio & Ollio” risale proprio a quest’origine, fonte di un conflitto che rimarrà latente per molti anni, sino ad emergere, appunto, nella parte finale della parabola cinematografica della coppia. La lunga carrellata iniziale, trasporta Stan e Ollie dal dietro le quinte direttamente sulla scena, davanti alla macchina da presa, sancendo non soltanto la parziale rottura di un sodalizio, ma anche la continua osmosi tra pubblico e privato, tra arte e vita di cui si nutriva il genio dei due commedianti.
Un’ellissi temporale ce li fa ritrovare, poi, a distanza di sedici anni – nel 1953 – pronti per la nuova avventura a teatro, dalla cittadina di Newcastle sino alla metropoli londinese. Stan e Oliver sono invecchiati, un po’ stanchi, vittime del tempo, che ha visto il sorgere di nuovi, acclamati idoli popolari (Abbott e Costello, ad esempio, conosciuti in Italia come Gianni e Pinotto), come dei loro passati vizi: il cibo, l’alcol, il fumo. Oliver è quello, dei due, più sofferente, con un cuore affaticato e una moglie, Lucille, preoccupata a oltranza, mentre Stan è ancora in posizione difensiva, dal cinismo dei nuovi produttori, in primis, che continuano a illudere lui e il collega su un film che non si girerà mai (la storia di Robin Hood in chiave brillante, per la quale i due iniziano già a studiare scene e situazioni comiche).
Il tour nei teatri di provincia è lungo, a tratti frustrante; il nuovo pubblico comincia a riporre nei cassetti la memoria di ciò che la coppia Stan Laurel-Oliver Hardy ha rappresentato per il cinema mondiale, gli spettacoli sono spesso deserti e i vecchi attori accettano promozioni pubblicitarie a volte di bassa lega per procacciarsi spettatori.
La passione e l’amore per il palcoscenico, tuttavia, restano inalterate in entrambi, a dispetto del quasi tramonto artistico, della salute capricciosa, dei vecchi screzi. L’affiatamento, l’amicizia, non mutano, e la conclusione londinese della tournée, preludio del ritiro dalle scene, sarà indimenticabile.
Jon S. Baird dà vita a un racconto limpidamente nostalgico, che restituisce con efficacia e semplicità l’atmosfera di una Hollywood che non c’è più, quella dei grandi studios e degli attori-divi, affascinanti fantasmi di celluloide.
L’interpretazione di John C. Reilly e di Steve Coogan (nei panni, rispettivamente, di Stan e Ollie) è, a dir poco, magistrale: coadiuvati da tre ore quotidiane di lavoro sul trucco di scena, i due attori riproducono alla perfezione fattezze, movimenti, tic e inflessioni della voce dei gloriosi divi, con una verosimiglianza davvero sorprendente.
Più che mai, tramite pellicole come questa, il cinema si conferma potentissimo serbatoio di ricordi, per tramandare alle nuove generazioni – nell’era dei social e della memoria breve digitale – la magica testimonianza di una settima arte ancora in embrione ma già modello per il futuro.
«Seppure su YouTube sia pieno di loro film, dubito che i giovani possano sentirsi attratti da loro», commenta Baird. «Ci sono registi che ormai non si curano delle sceneggiature, basta che sia tutto brillante e colorato. Perciò Stanlio e Ollio vengono percepiti come antiquati, Chaplin come superato e Buster Keaton non è nemmeno preso in considerazione».
Eppure, nonostante siano trascorsi 61 anni dalla scomparsa di Oliver Hardy e 53 da quella di Stan Laurel, i vecchi leoni del cinema continuano a ruggire (e a divertire): «Sono un fan di Stanlio e Ollio da quando sono bambino, possiedo ancora delle foto di me e un amico vestiti come la celebre coppia comica», conclude il regista. «Lui faceva Hardy. Ma del sodalizio artistico, anziché i successi che conoscono tutti, ho preferito percorrere una strada diversa: mi sono concentrato sulla fase più difficile della loro carriera, quando il lavoro precipita ma i due capiscono di volersi molto bene. Sono infatti i loro sentimenti, la loro vita interiore, i veri protagonisti della storia che racconta un’amicizia più grande della vita».
Stan & Ollie
Jon S. Baird
Gran Bretagna, Usa, Canada, 2018, 97′
Sceneggiatura: Jeff Pope
Fotografia: Laurie Rose
Montaggio: Úna Ní Dhonghaíle, Billy Sneddon
Musica: Rolfe Kent
Cast: Susy Kane, Steve Coogan, Stephanie Hyam, Shirley Henderson, Rufus Jones, Nina Arianda, John C. Reilly, Danny Huston
Produzione: Fable Pictures Sonesta Films, Entertainment One, British Broadcasting Corporation (BBC)
Distribuzione: Lucky Red