Scandalizzarsi per i 30 milioni di Flavio Cattaneo?
Nel 2015 la media degli stipendi dei primi 10 dirigenti d'azienda italiani, al netto di liquidazioni, stock option e bonus, è stato superiore a 13 milioni di euro e occorrono oltre 8 anni di lavoro di un lavoratore medio per guadagnare ciò che i 10 top manager incassano in una settimana. Ma nessuno si è sorpreso o ha protestato...
Nel 2015 la media degli stipendi dei primi 10 dirigenti d'azienda italiani, al netto di liquidazioni, stock option e bonus, è stato superiore a 13 milioni di euro e occorrono oltre 8 anni di lavoro di un lavoratore medio per guadagnare ciò che i 10 top manager incassano in una settimana. Ma nessuno si è sorpreso o ha protestato...
Differenze di questo tipo e maggiori, sono diventate abituali e non costituiscono più sorpresa né provocano alcun giudizio negativo. Se mai ci si indigna per i “costi insopportabili” della cassa integrazione, o degli ammortizzatori sociali per le persone che perdono il lavoro, che, infatti, sono stati drasticamente tagliati. Sono le logiche applicazioni delle teorie liberiste e i risultati del capitalismo finanziario che hanno saputo abilmente indirizzare l’indignazione popolare verso la politica e le pratiche democratiche: stop al finanziamento pubblico dei partiti e all’indice le remunerazioni del ceto politico, per continuare ad accrescere le diseguaglianze.
Nel mondo gli 8 uomini più ricchi posseggono 426 miliardi di dollari, la stessa ricchezza della metà più povera del pianeta, ossia 3,6 miliardi di persone; ed è dal 2015 che l’1% più ricco dell’umanità possiede il 99%. L’Italia non fa eccezione e, dati del 2016, l’1% più facoltoso ha nelle mani il 25% della ricchezza nazionale netta. Mentre i salari di operai, impiegati, insegnanti sono calati in termini reali e la precarietà è diventata un obbligo, ci si è abituati a considerare inevitabile una diminuzione del welfare state, dal settore della sanità a quello della scuola, dagli interventi contro la disoccupazione giovanile a quelli sulle pensioni. Nel frattempo tutti concordi nel votare in Parlamento il pareggio di bilancio, le politiche di austerity, lo stravogimento dello Statuto dei Diritti dei lavoratori, consentendo i licenziamenti senza giusta causa e giustificato motivo, ma impegnati nell’eliminazione delle Province, con lo straordinario obiettivo di risparmiare i “2 mila euro al mese” del costo degli assessori (e oggi, naturalmente, lamentarsi delle buche sulle strade). O pretendere di battere i populismi cercando di imitarne le gesta, come cerca di fare il buon On. Richetti (Pd). Non sapendo che dei populismi l’attuale capitalismo e la finanziarizzazione dell’economia se ne fanno un baffo. Perché sanno come domarli in quanto fanno parte del medesimo sistema.
Per dirla con Marco Revelli: “populismo, malattia senile della democrazia”, quando la politica non sembra più in grado di dare risposte (Populismo 2.0 – Einaudi 2017).