La vita è come andare in bicicletta…
La sua quasi autobiografia è una guida sullalimentazione etica e consapevole. E una testimonianza su luci e ombre dello sport agonistico
La sua quasi autobiografia è una guida sull?alimentazione etica e consapevole. E una testimonianza su luci e ombre dello sport agonistico
Antonella Bellutti (1968) già eptathleta e ostacolista di grande talento, in sintonia con la sua scelta vegan ama definirsi un’atleta riciclata. Abbandonata a 21 anni l’atletica leggera a causa di un infortunio, inizia a pedalare motivata dal desiderio di riprendere la sua efficienza fisica e, in bici, si lancia ben oltre il recupero, arrivando fino alla medaglia d’oro nel ciclismo su pista. Due sono le edizioni dei Giochi Olimpici a cui partecipa: Atlanta nel 1996 e Sydney nel 2000.
Come atleta è senz’altro la più polivalente della storia sportiva italiana e l’unica che abbia fatto parte della squadra nazionale di ben tre federazioni diverse. Lasciato l’agonismo, ora si dedica alle sue grandi passioni sci, alpinismo, yoga, arrampicata, corsa e mountain bike.
Fatto proprio l’aforisma di Albert Einstein “La vita è come andare in bicicletta: per mantenere l’equilibrio devi muoverti” oggi vive in Trentino, parco naturale Adamello-Brenta, dove ha ristrutturato e portato a rivivere la vecchia locanda dei bisnonni e qui è nato il suo libro, schietto e appassionato.
Papà Luigino raramente parlava in dialetto e di solito lo faceva solo per l’immancabile frase di fine pasto: “La boca no la è stracca se no la sa de vacca” (“La bocca non è stanca se non sa di mucca”) Significava che indipendentemente da quanto avesse mangiato, non si alzava da tavola se non aveva dato fondo in abbondanza al tagliere dei formaggi. Ce n’erano sempre almeno tre tipi diversi, talvolta anche più. E lui, che non era un uomo di tante parole, pur di condividere quel momento, sapeva rompere il silenzio per trovare una frase con cui spronarti a seguirlo. Come dirgli di no? E’ così che la mia formaggio-assuefazione è nata su solide basi di complicità familiare, fin dalla più tenera età…
Per l’autrice questo ricordo vuole essere un punto di partenza ma anche d’arrivo per la sua quasi autobiografia, intendendola come una guida sull’alimentazione etica e consapevole. E una testimonianza su luci e ombre dello sport agonistico.
Partendo dalla storia del sostantivo inglese “vegan” nato dalla contrazione di “vegeterian” – voluta dai fondatori della Vegan Society Elsie Shrigley e Donald Watson nel 1944 perché non approvavano che il termine “vegetariano” venisse usato da chi consumava anche latticini, uova e pesce – dobbiamo senz’altro approdare alla consapevolezza come nel mondo sportivo, non solo a livello agonistico, l’alimentazione può diventare una vera e propria ossessione.
Controlli quotidiani di parametri, cibi e rinunce obbligate sono all’ordine del giorno perché il corpo di un’atleta è uno “strumento di lavoro” che va mantenuto nella massima efficienza. Lo sanno bene tutti gli atleti e lo sa bene Antonella Bellutti, ricordiamolo ben due volte campionessa olimpionica, fin da giovanissima catapultata in un ambiente dove ogni decisione è finalizzata alla performance sul campo.
Con questo libro vuole condividere i suoi pensieri, i suoi ricordi e riflessioni, centellinandoli con la saggezza della maturità nel rispetto di tutti gli esseri viventi Non solo una autobiografia alimentare ma la storia di un lungo percorso.