Cosa resta?
"Quello che resta, per parafrasare il titolo, è una poesia sì diaristica, ma anche una poesia che raggiunge alti risultati trovando un equilibrio precario e rischiosissimo tra giornalistica registrazione di fatti ed estrema comprensione dei versi, con frequenti faglie e salti di isotopia...
"Quello che resta, per parafrasare il titolo, è una poesia sì diaristica, ma anche una poesia che raggiunge alti risultati trovando un equilibrio precario e rischiosissimo tra giornalistica registrazione di fatti ed estrema comprensione dei versi, con frequenti faglie e salti di isotopia...
Enrico Marià (Novi Ligure, 1977) è redattore di puntoacapo Editrice, figura nello staff di CollezioneLetteraria di puntoacapo e collabora con il blog Corrente Improvvisa. Ha partecipato a varie antologie ed è inserito nel censimento della giovane poesia italiana di pordenonelegge. E’ presente nei volumi editi da puntoacapo Poesia in Piemonte e Valle d’Aosta (2012) e Poesia in provincia di Alessandria (2014). Nel 2010 ha ricevuto la menzione speciale della giuria del Premio “D. Maria Turoldo”, classificandosi anche per lo stesso Premio fra i finalisti nel 2012 mentre nel 2014 è finalista del Premio “Charles Bukowski” e nel 2015 all’”Antonio Pigafetta”. Ha pubblicato per Annexia le raccolte Enrico Marà (2004) e Rivendicando disperatamente la vita (2006). Per Zona ha pubblicato Precipita con me (2007) e per puntoacapo Fino a qui (2010) – prefazione di Luca Ariano.
La spiegazione delle parole poesia e poeta le troviamo facilmente consultando un dizionario e, con pochi cambiamenti da testo a testo, la definizione è: “Poesia è l’arte di esprimere in versi sentimenti o idee; poeta è chi compone poesie”.
La particolarità della poesia dunque, possiamo trovarla nell’identificazione di esprimere e in versi e stando alle definizioni correnti, un discorso “poetico” è la concomitanza di queste due elementi.
Esprimere è usare il linguaggio per manifestare sentimenti o idee mentre parlare per “esprimersi” è ancora qualcosa di diverso, ad esempio, dall’informare, dal minacciare, dal raccontare fatti e possiamo aver bisogno di esprimerci non solo quando intendiamo fare poesia.
Prendere la parola in un’assemblea per dire il proprio punto di vista è un modo di esprimersi e scrivere un racconto o una semplice lettera possono essere, come e quanto la poesia, forme di espressione artistica.
Comunemente accade di definire “poesia” o “poetici” personaggi, fatti, situazioni da cui ci viene comunicato qualcosa di più rispetto al valore normale e quotidiano di immagini, situazioni o parole. Mauro Ferrari nella sua bella prefazione scrive: “Marià, che ancora giovane è arrivato con Cosa resta al quinto libro, è uno di quei rarissimi poeti che osano saltare a piè pari ogni tentazione mitopoietica, simbolistica, ermetica, sperimentale – insomma, ogni mediazione non solo stilistica – per giungere al nucleo di una propria idea di poesia e da lì lavorare con una sorta di ossessività espressiva e tematica. Quello che resta, per parafrasare il titolo, è una poesia sì diaristica, fondata su una certa immediatezza del dire che sa di cronaca (della cronaca più drammatica di questi anni), ma anche una poesia che raggiunge alti risultati trovando un equilibrio precario e rischiosissimo tra giornalistica registrazione di fatti ed estrema comprensione dei versi, con frequenti faglie e salti di isotopia”.
Su questa base facciamo che ci accada di classificare, nell’ozio meritato del mese di agosto, come poetici fatti e situazioni della vita quotidiana. Così il tramonto che ci può apparire poetico perché non solo “un tramonto” ma un’espressione speciale che ci suscita pensieri, tenerezze, sogni. Mettiamoci dunque in cerca di un “qualcosa” in cui far convergere il nostro personale effetto di poeticità.