35 mila disoccupati in provincia, “e il 2014 sarà peggio”
Dall'osservatorio Cgil i dati di una crisi che non accenna a finire: 35 mila disoccupati, 1 miliardo e 850 milioni di salari andati perduti. Tiberti: il sistema produttivo è bloccato, si salva solo chi ha investito su qualità e innovazione. L'ultimo appello alla ricerca condivisa di soluzioni tra tutti i soggetti
Dall'osservatorio Cgil i dati di una crisi che non accenna a finire: 35 mila disoccupati, 1 miliardo e 850 milioni di salari andati perduti. Tiberti: ?il sistema produttivo è bloccato, si salva solo chi ha investito su qualità e innovazione?. L'ultimo appello alla ?ricerca condivisa di soluzioni tra tutti i soggetti?
Cresce, nel primo semestre 2013 la disoccupazione in provincia, che tocca quota 35 mila. “Dal 2009 ad oggi – dice Silvana Tiberti, segretario provinciale Cgil – la provincia di Alessandria ha perso in salari 1 miliardo e 850 milioni di euro, quasi un milione al giorno. Se si include anche la cassa integrazione, siamo a 7 miliardi, ossia 1,7 milioni al giorno”.
In cosa si traduce? “Che non girano soldi, la domanda interna è bloccata, il sistema produttivo è bloccato”. Quel che è peggio è che “chi perde il lavoro, non riesce a ricollocarsi, perchè non ci sono più settori ricettivi, in grado di assorbire occupazione”.
Il caso di Casale Monferrato è forse il più eclatante: “i fuoriusciti da un certo tipo di lavorazione si sono riqualificati, seguendo ad esempio corsi per fornire servizi alla persona, ma ora anche in quel settore non ci sono più margini. E’ la desertificazione di un territorio ed anche qualora ci fosse una ripresa, non riuscirebbe più ad agganciarla”.
Il tasso di occupazione in Provincia è del 40,7, “fra i più bassi del Piemonte, e sul fronte del lavoro femminile crolla”.
Aumenta il ricorso alla cassa integrazione, sia ordinaria che in deroga. Quella ordinaria, nel periodo gennaio – luglio, è passata da 2.927.298 ore del 2012 a 3.321.955; quella in deroga da 1.711.863 a 2.031.338. Il raffronto è “spaventoso” con il 2008 quando era del 419% inferiore.
Alcuni indicatori rendono l’idea più di altri: “circa 700 aziende hanno chiesto di ricorrere alla cassa integrazione in deroga per circa 3 mila dipendenti. Un ulteriore elemento ci deve fare riflettere: anche chi lavora, spesso, non percepisce lo stipendio. I nostri uffici vertenza stanno registrando un aumento di richieste di dimissioni per giusta causa, non licenziamenti, dimissioni da parte del lavoratore che non percepisce lo stipendio magari da un anno e, per accedere più facilmente all’indennità di disoccupazione Aspi, entrata in vigore con la riforma Fornero. Siamo a livello di venti pratiche al giorno”.
Facendo un rapido focus sui diversi settori, emerge come regge solo l’industria alimentare e la logistica, “i settori in cui si è puntato sulla qualità o ci sono infrastrutture” spiega la Tiberti. Territorialmente, sono le zone del novese e del tortonese.
Nel settore commercio e servizi alle imprese, “più che posti di lavoro si perdono ore di lavoro, dilaga il part time, oltre alla cassa in deroga, e c’è un livello di sfruttamento del lavoro impressionante, con il ricorso a sub appalti al ribasso”
Il settore delle costruzioni “è in crisi profondissima. Si sono persi quasi 3 mila posti di lavoro in edilizia, su 7 mila, di cui 550 solo nell’ultimo semestre. Nessuno compra più case nuove e l’invenduto è al 30%. Nell’industria, tengono i grossi, se hanno fatto investimenti e innovazione”.
Nel metalmeccanico “tiene la siderurgia, con le incognite Ilva e Kme. Mancano gli insediamenti ‘madre’ e nella riorganizzazione delle imprese c’è la tendenza a delocalizzare verso ‘la testa’, come nel caso di Marcegaglia. Quel che preoccupa è che nel 2014 le grandi imprese finoranno tutti di ammortizzatori sociali e si temono licenziamenti di massa”
Nel settore chimico, “quel che doveva succedere è successo, soprattutto nell’ambito della piccole e medie imprese, ma è un settore emblematico, dove tiene l’export e chi si rivolge all’estero riesce anche ad avere i rubinetti aperti sul credito”.
Sul fronte pubblica amministrazione, “per ora hanno pagato solo i precari, 200 fra comune e provincia. Ma è anche vero che la pubblica amministrazione ha scaricato sugli altri i tagli e le conseguenze più pesanti sono il mancato pagamenti dei fornitori, quelli dei servizi in primis, come case di riposo e cooperative”.
In questo scenario a tinte fosche, “non si può che fare appello affinchè tutti agiscano con senso di responsabilità – conclude Tiberti – E’ necessaria una ricerca condivisa per trovare soluzioni”. Ma la voce per ripeterlo, la sta pendendo anche la battagliera segretaria di Cgil.