“La lobby del gioco ha vinto, per ora”
Mauro Croce, psicologo che si occupa di servizi di prevenzione e cura dalla dipendenza da gioco, fa un'analisi della situazione sulla base degli ultimi dati: incremento esponenziale dei casi, in parte dovuti alla crisi economica, in parte al proliferare di slot e video lottery. Il punto non è impedire che la gente giochi, ma limitarne le occasioni
Mauro Croce, psicologo che si occupa di servizi di prevenzione e cura dalla dipendenza da gioco, fa un'analisi della situazione sulla base degli ultimi dati: ?incremento esponenziale dei casi, in parte dovuti alla crisi economica, in parte al proliferare di slot e video lottery. Il punto non è impedire che la gente giochi, ma limitarne le occasioni?
Ne abbiamo parlato con Mauro Croce, psicologo, direttore Educazione Sanitaria Asl Vco.
Dottor Croce, si parla sempre più spesso di un aumento dei casi di dipendenza da gioco. E’ una percezione legata ai fatti di cronaca o sì è registrato effettivamente un aumento esponenziale del numero di casi osservati?
Ormai è un dato di fatto evidente. C’è un incremento notevole dei casi di dipendenza da gioco, ma soprattutto del numero di locali che hanno slot e video lottery.
C’è una motivazione alla base di questo aumento? Può essere legato alla crisi economica o, forse, è portato da una legislazione che consente il proliferare delle “macchinette” infernali?
E’ risaputo che quando l’economia fiorisce il gioco deperisce e viceversa. Nei momenti di benessere economico e sociale c’è una propensione alla crescita, c’è fiducia nel futuro e il gioco torna ad essere mero svago. Nei periodi di recessione, invece, regna l’incertezza e il gioco viene visto come un mezzo per uscire da situazioni difficili, la vincita facile come un modo per sopravvivere. Se le persone non investono su se stesse, per migliorarsi, si va più facilmente alla ricerca del colpo di fortuna come via più rapida ad un cambiamento della propria condizion.
E’ anche vero che il Italia si registra un vero e proprio tsunami del gioco, ormai fuori controllo; un proliferare di slot, videopoker, videolottery che ormai si trovano ovunque, anche nei posti più impensabili.
Chi subisce maggiormente il “fascino” del gioco. Ci sono persone più a rischio di altre?
Sono le persone più povere, non solo dal punto di vista economico, ma soprattutto culturale e sociale, con difficoltà nelle relazioni. Quindi i pensionati, i disoccupati, le donne, i giovani. Diciamo che, se in passato, il gioco era appannaggio di una classe sociale benestante che cercava l’emozione e il divertimento (basti pensare ai casinò) oggi c’è invece una ricerca del riscatto che interessa tutte le fasce.
Quali possono esserei primi segnali di allarme che si possono cogliere prima di cedere nella dipendenza, dal diretto interessato o dai familiari vicini?
Quando inizia a perdersi il senso del limite: persone che si propongono, ad esempio, di ‘giocare solo 10 minuti’ e poi passano intere ore davanti alle slot, oppure che si propongono di ‘giocare solo 10 euro’ e invece diventano 100; quando il desiderio di rifarsi della perdita diventa una sorta di ossessione. Da una parte diventa una giustificazione che per se stessi, quella di voler rientrare delle somme perdute, dall’altra diventa la spinta a proseguire. A quel punto saltano gli equilibri, si raccontano a se stessi e agli altri menzogne, vanno in crisi relazioni, da quelle familiari a quelle di lavoro. E talvolta si arriva a risvolti tragici.
Come servizio sanitario cosa potete fate? Come affrontate la crescente domanda?
Il precedente ministro della Salute, Renato Balduzzi, aveva fatto un passo significativo, inserendo il gioco d’azzardo nei Lea, livelli di assistenza. Un fatto importante, ma al quale non è seguito poi una corrispondente destinazione di risorse. Mi spiego meglio: è stato sancito il diritto alla cura ma non i mezzi per offrirla. Noi, come servizio sanitario, facciamo quel che possiamo. C’erano strutture, come i Sert, che già offrivano un servizio in questo senso. Si cerca quindi di riorganizzarci, di implementare la risposta, nei limiti delle risorse. Chi invece non era attrezzato, non lo è tuttora.
Purtroppo il fenomeno della diffusione del gioco legale è difficile da monitorare. Ormai ci sono occasioni di gioco ovunque. Il problema non come impedire alla gente di giocare, ma è quello di consentire il gioco solo in ambienti specifici. Ora si parla tanto di ludopatia, ma in realtà nessuno sa di preciso cosa sia.
Do solo alcune cifre, per dare un peso a quanto detto: la spesa per il gioco legalizzato, a livello nazionale, è aumentato negli ultimi anni: nel 2011 ammontava a 80 milioni di euro, nel 2012 era 90 milioni. A ben vedere però non è aumentato il gettito fiscale nelle casse dello Stato, fermo a 8 miliardi. C’è stata una detassazione del gioco ed è un fatto che a dice lunga sul come lo Stato affronta la questione. La lobby del gioco ha vinto. C’è stato poi un black out informatico che si è mangiato 98 miliardi… che fine hanno fatto le tasse su quella cifra?