Scuole in provincia: 15 anni di “gap” con l’Europa
Antonino Meduri, dirigente scolastico provinciale, traccia il bilancio della Scuola sul nostro territorio: risultati, difficoltà economiche, tagli al personale, ma anche arretratezza tecnologica, pericolosità degli edifici e spesso programmi inadeguati per l'integrazione di studenti disabili o stranieri. Cosa riserva il futuro?
Antonino Meduri, dirigente scolastico provinciale, traccia il bilancio della Scuola sul nostro territorio: risultati, difficoltà economiche, tagli al personale, ma anche arretratezza tecnologica, pericolosità degli edifici e spesso programmi inadeguati per l'integrazione di studenti disabili o stranieri. Cosa riserva il futuro?
Uno dei grandi temi oggetto di discussione è quello legato al binomio, improprio, meritocrazia/solidarietà: da un lato è giusto premiare chi ottiene risultati migliori, dall’altro la Scuola ha l’obiettivo di non lasciare indietro nessuno. Come avviene oggi la valutazione degli studenti?
La valutazione è espressione dell’autonomia professionale del corpo docente, nella sua dimensione sia individuale che collegiale, nonché dell’autonomia delle altre istituzioni scolastiche. La valutazione in sé ha per oggetto il processo di apprendimento, il comportamento e il rendimento complessivo degli alunni. Le verifiche intermedie e le valutazioni periodiche e finali sul rendimento scolastico devono essere coerenti con gli obiettivi di apprendimento previsti dal Piano dell’Offerta Formativa (POF). Spetta al Collegio docenti definire modalità e criteri per assicurare omogeneità, equità e trasparenza della valutazione. Le scuole devono comunque assicurare alle famiglie un’informazione tempestiva circa il processo di apprendimento e la valutazione degli alunni nei vari momenti del percorso scolastico.
E chi valuta l’operato dei docenti e dei Capi istituto? E sulla base di quali criteri?
A prescindere dai poco lusinghieri apprezzamenti dei consueti detrattori del personale della scuola, ci sono forti resistenze psicologiche da parte dei docenti e dei dirigenti, spesso poco inclini a dare conto pubblicamente del proprio operato e a mettere a nudo la qualità dei risultati conseguiti. Credo che questa resistenza sia riconducibile a due motivi di fondo: il primo è che tanti docenti, in modo più o meno consapevole, si rifanno ad un modello professionale d’ispirazione gentiliana secondo cui per insegnare bene è sufficiente conoscere a fondo la propria materia; se è così, una volta garantita questa premessa se e quando le cose non funzionano, la responsabilità deve essere cercata sul versante degli alunni/studenti per cui non c’è altro da approfondire. Il secondo motivo più consistente deriva dall’insignificanza degli indicatori presi in considerazione e dall’eccessiva macchinosità delle procedure. Non sempre i Capi Istituto sono a contatto con la didattica di classe: chiunque pratichi la scuola sa quanto le prove Invalsi condizionino, già oggi, i comportamenti didattici e valutativi dei docenti.
E per i dirigenti?
Per quelli Scolastici, dopo le ultime modificazioni normative recate dal D.lgs. 286/1999 e 165/2001, le verifiche e l’accertamento si realizzano nella valutazione dei risultati dell’attività amministrativa e della gestione, verificando se ci siano o meno obiettivi assegnati e non raggiunti. E’ pertanto una “valutazione di contesto”, nel senso che mira ad un esame globale che tenga conto di dove l’azione dirigenziale si svolge. E’ comunque il Direttore Regionale, attraverso un apposito Nucleo, a valutare l’operato dei dirigenti.
Quali sono i punti nodali che si stanno discutendo con i sindacati in questo periodo relativamente al prossimo anno scolastico?
I sindacati, che sono sicuramente coscienti di come la scuola non sia stata al centro dell’agenda politica degli ultimi governi, chiedono a livello locale una maggiore stabilità del personale docente e di quello ATA. Inoltre vengono chieste maggiori risorse economiche per assicurare gli scatti di anzianità negati dal blocco per tutto il pubblico impiego, nonché un rinnovamento dei sistemi di reclutamento e valutazione di tutto il personale della scuola.
La scuola italiana è bersagliata da continui tagli di fondi. Mancano investimenti in tutti i settori, ma forse in prospettiva quelli più penalizzanti potrebbero riguarda il settore informatico. Qual è la situazione?
Il Piano Nazionale scuola Digitale (PNSD) risale al 2007 ma ha vari precedenti, tutti volti a promuovere mediante la tecnologia nuovi modelli di organizzazione scolastica. In un recente rapporto presentato al MIUR tutti i dati indicano quanto sia limitato l’effettivo ingresso delle tecnologie digitali nella nostra scuola. Quella primaria, per esempio, ha 6 computer ogni 100 scolari (media europea 16). Un calcolo ottimistico in Italia assegna una LIM (lavagna interattiva multimediale) nel 16% delle classi: ci vorrebbero 15 anni per raggiungere l’80% del Regno Unito. Basti dire che dal 2007 ad oggi sono stato stanziati in tutto 120 milioni di euro, meno dello 0,1% della spesa pubblica in istruzione e meno di 5 euro procapite sul totale degli studenti.
Un altro degli aspetti più delicati riguarda la presa in carico dei soggetti più deboli, come gli alunni con disabilità, per i quali mancano strutturalmente risorse adeguate, e gli studenti stranieri. Spesso si è ragionato di quanto sia difficile scegliere fra “classi ghetto” che separino gli studenti con problema di lingua dagli altri, così da non rallentarne il piano di studio, e il valore dell’integrazione e del confronto, che farebbe preferire il mantenimento di classi eterogenee, a costo di perdere qualcosa sul piano della didattica…
La scuola, per contribuire in modo efficace a trasformare in realtà il progetto di vita della persona con disabilità, si sforza di interagire con tutte le istituzioni del territorio che hanno competenze specifiche di sostegno e assistenza nei confronti dell’alunno disabile. A tal fine ci sono accordi di programma, regionali, provinciali e territoriali che costituiscono una vera e propria azione coordinata tra Amministrazioni per rendere le diverse attività efficaci e adeguate all’inserimento della persona con disabilità nella società. L’esperienza quasi trentennale di integrazione scolastica richiama la necessità di una formazione di base di tutti i docenti che tenga conto delle crescenti esigenze di individualizzazione delle varie forme di diversità. Sotto questo aspetto l’Italia è considerata una nazione avanzata, in virtù del fatto che è stato uno dei primi paesi ad abolire le scuole speciali. A mio modesto avviso un traguardo lungimirante. L’integrazione non avviene da sé e la sua mancanza si ripercuote sull’intera società perché agli alunni, quindi agli adulti di domani, deve essere insegnato a vivere un rapporto con la diversità libero da pregiudizi e tare mentali.
Come vede, da addetto ai lavori, la scuola italiana da qui ai prossimi 5-10 anni?
Mi auguro che tutti noi si giunga alla consapevolezza che continuare a non investire seriamente nel settore dell’istruzione, dell’università e della ricerca significhi favorire il perdurare di una crisi di sistema nazionale. Ormai in modo ripetitivo si susseguono al vertice di viale Trastevere volenterosi Ministri i quali non hanno mai una visione lucida degli obiettivi da perseguire. La modernizzazione di un sistema scolastico passa, soprattutto, attraverso una visione comune che colleghi gli obiettivi del sistema paese con quelli del sistema educativo nel suo complesso. Con il pessimismo dell’intelligenza ritengo che interventi scollegati e frammentari, non perseguiti nel medio periodo e con risorse limitate come in questo frangente, possano avere effetti deleteri per l’intera comunità nazionale.
E sul tema della sicurezza? In che condizione si trovano i nostri istituti?
In questo panorama non possiamo dimenticare in effetti che per le nostre scuole esiste un problema spinoso in termini di sicurezza. Come provincia abbiamo pensato a una checklist da somministrare alle scuole per realizzare un monitoraggio serio e abbiamo raccolto quasi tutti i dati necessari per un quadro complessivo. Dopo la Spending Review che ha individuato in agenzie del demanio l’unico manutentore stiamo ragionando su come muoverci. È nostra intenzione utilizzare il tema della sicurezza per sollevare la città dalla letargia in cui si trova: organizzeremo per questo un convegno in ambito regionale verso il mese di ottobre o novembre. La cultura della sicurezza passa prima di tutto dalla prevenzione: se riuscissimo a far capire quanto sia importante a tutti i soggetti interessati non saremmo costretti a leggere di certi disastri sugli organi d’informazione.