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Riorganizzazione Asl inevitabile, “ma a farne le spese è solo qualcuno”
Audizione dell'assessore regionale Ugo Cavallera e del direttore generale Asl Marforio in Provincia. I tagli erano inevitabili ma secondo i consiglieri ne hanno fatto le spese solo alcune zone. A conti fatti si risparmia un milione e mezzo di euro, tutto a carico di Ovada
Audizione dell'assessore regionale Ugo Cavallera e del direttore generale Asl Marforio in Provincia. I tagli erano inevitabili ma secondo i consiglieri ne hanno fatto le spese solo alcune zone. A conti fatti si risparmia un milione e mezzo di euro, tutto a carico di Ovada
PROVINCIA – Un’operazione di “taglia e cuci” che dovrebbe portare ad un risparmio di qualche milione di euro per la sanità alessandrina, “ma effettivi sono 1 milione e mezzo, che ricadono tutti sulle spalle dell’Ovadese”. E’ l’amara conclusione del consigliere Giuseppe Coco dopo l’audizione del direttore dell’Asl Alessandria Paolo Marforio e dell’assessore regionale alla Sanità Ugo Cavallera davanti alla commissione provinciale.
L’audizione inizia con l’elenco dei tagli ricordati da Marforio, o meglio della “riorganizzazione”, “necessaria”, dettata “dalla situazione economica” e portata avanti “garantendo nel contempo la sicurezza delle prestazioni” nei quattro ospedali cardine (Novi, Tortona, Acqui e Casale) e un ospedale di territorio (Ovada). I tagli sono ormai noti: Acqui ridimensionata l’attività chirurgica e del punto nascite; accorpamento di Novi e Tortona con la chiusura del punto nascite nel secondo ospedale, che però mantiene la neonatologia, potenzia la senologia e l’urologia; Ovada che perde completamente la chirurgia e l’attività H24 del pronto soccorso e mantiene di fatto solo l’attività ambulatoriale, diagnostica e specialistica; dismissione del Mauriziano a Valenza. C’è anche qualche nota positiva, come l’avvio dell’infermiere di prossimità a Castellazzo Bormida.
All’assessore Ugo Cavallera tocca fare i conti: dei 7 miliardi di euro circa della sanità piemontese, “un ottavo è assorbito dall’Asl Alessandria, a fronte di una popolazione che è un decimo. I servizi hanno quindi una dotazione finanziaria sufficiente”. C’è stato, in generale, un problema di “disallineamento” dei conti tra il piano sanitario e i costi “per questo siamo rientrati nel novero delle regioni che hanno dovuto presentare un piano di rientro, a seguito dell’ingiunzione di 864 milioni da parte dello Stato”.
Risorse che, spiega Cavallera, sono state recuperate grazie ad un prestito triennale di 803 milioni e che serviranno in primo luogo a ripianare i debiti verso i fornitori della Asl”.
Data la premessa, “riorganizzare” – ribadisce l’assessore – era inevitabile: “occorreva superare il concetto storico di sanità, quando le Asl spendevano, tanto poi i soldi ce li metteva la Regione”.
La riorganizzazione ha tenuto conto del principio “meno ospedale, ma di qualità, più territorio”.
Nessun “togli e metti” a caso, quindi, nei nosocomi della provincia, ma un disegno complessivo che risponde ad una logica, sempre secondo l’assessore. “Come per Novi e Tortona, dove si sono accentrate attività laddove c’erano le strutture (penso a senologia) o la richiesta (come il punto nascite)”.
Una logica che, però, sfugge ai consiglieri provinciali. Per Giuseppe Coco (Pd) “in alcune zone non c’è né ospedale, né territorio” e chiede di conoscere i risparmi che il ridimensionamento dell’ospedale di Ovada ha portato.
Walter Ottria (Pd) dice di “non vedere alcun miglioramento sulla continuità assistenziale” e ricorda come “i cittadini abbiano uguali diritti in ogni territorio”.
E’ il direttore Marforio a tirare fuori i conti per l’ovadese: “360 mila euro è il risparmio che deriva dalla dismissione del reparto di chirurgia, 776 mila euro dal personale medico, 250 mila euro dai costi generali, 80 mila euro dalla strumentazione”. Insomma, ribatte Coco: “del milione e mezzo di risparmio tutto è carico di Ovada”.
L’impegno di Cavallera e Marforio è quello di “trasferire appena sarà possibile tali risorse sul territorio”, ma, intanto, resta la “riorganizzazione” che, secondo Cavallera, “ha colpito in maniera minore la provincia di Alessandria rispetto ad altre dove si è vista la chiusura di numerose strutture ospedaliere”.
L’audizione inizia con l’elenco dei tagli ricordati da Marforio, o meglio della “riorganizzazione”, “necessaria”, dettata “dalla situazione economica” e portata avanti “garantendo nel contempo la sicurezza delle prestazioni” nei quattro ospedali cardine (Novi, Tortona, Acqui e Casale) e un ospedale di territorio (Ovada). I tagli sono ormai noti: Acqui ridimensionata l’attività chirurgica e del punto nascite; accorpamento di Novi e Tortona con la chiusura del punto nascite nel secondo ospedale, che però mantiene la neonatologia, potenzia la senologia e l’urologia; Ovada che perde completamente la chirurgia e l’attività H24 del pronto soccorso e mantiene di fatto solo l’attività ambulatoriale, diagnostica e specialistica; dismissione del Mauriziano a Valenza. C’è anche qualche nota positiva, come l’avvio dell’infermiere di prossimità a Castellazzo Bormida.
All’assessore Ugo Cavallera tocca fare i conti: dei 7 miliardi di euro circa della sanità piemontese, “un ottavo è assorbito dall’Asl Alessandria, a fronte di una popolazione che è un decimo. I servizi hanno quindi una dotazione finanziaria sufficiente”. C’è stato, in generale, un problema di “disallineamento” dei conti tra il piano sanitario e i costi “per questo siamo rientrati nel novero delle regioni che hanno dovuto presentare un piano di rientro, a seguito dell’ingiunzione di 864 milioni da parte dello Stato”.
Risorse che, spiega Cavallera, sono state recuperate grazie ad un prestito triennale di 803 milioni e che serviranno in primo luogo a ripianare i debiti verso i fornitori della Asl”.
Data la premessa, “riorganizzare” – ribadisce l’assessore – era inevitabile: “occorreva superare il concetto storico di sanità, quando le Asl spendevano, tanto poi i soldi ce li metteva la Regione”.
La riorganizzazione ha tenuto conto del principio “meno ospedale, ma di qualità, più territorio”.
Nessun “togli e metti” a caso, quindi, nei nosocomi della provincia, ma un disegno complessivo che risponde ad una logica, sempre secondo l’assessore. “Come per Novi e Tortona, dove si sono accentrate attività laddove c’erano le strutture (penso a senologia) o la richiesta (come il punto nascite)”.
Una logica che, però, sfugge ai consiglieri provinciali. Per Giuseppe Coco (Pd) “in alcune zone non c’è né ospedale, né territorio” e chiede di conoscere i risparmi che il ridimensionamento dell’ospedale di Ovada ha portato.
Walter Ottria (Pd) dice di “non vedere alcun miglioramento sulla continuità assistenziale” e ricorda come “i cittadini abbiano uguali diritti in ogni territorio”.
E’ il direttore Marforio a tirare fuori i conti per l’ovadese: “360 mila euro è il risparmio che deriva dalla dismissione del reparto di chirurgia, 776 mila euro dal personale medico, 250 mila euro dai costi generali, 80 mila euro dalla strumentazione”. Insomma, ribatte Coco: “del milione e mezzo di risparmio tutto è carico di Ovada”.
L’impegno di Cavallera e Marforio è quello di “trasferire appena sarà possibile tali risorse sul territorio”, ma, intanto, resta la “riorganizzazione” che, secondo Cavallera, “ha colpito in maniera minore la provincia di Alessandria rispetto ad altre dove si è vista la chiusura di numerose strutture ospedaliere”.