Genova in mostra
Da Steve McCurry a Mirò, da Fosco Maraini a Tina Modotti, qualche consiglio per trascorrere una giornata tra mare e cultura
Da Steve McCurry a Mirò, da Fosco Maraini a Tina Modotti, qualche consiglio per trascorrere una giornata tra mare e cultura
Sempre fino al 7 aprile, Palazzo Ducale ospiterà anche “Mirò! Poesia e luce”, una rassegna esaustiva dell’opera di Joan Miró (1893-1983), il grande artista catalano che lasciò un segno inconfondibile nell’ambito delle avanguardie europee. Si potranno ammirare tra i capolavori, gli olii Donna nella via (1973) e Senza titolo (1978); i bronzi come Donna (1967); gli schizzi tra cui quello per la decorazione murale per la Harkness Commons-Harvard University, tutti provenienti da Palma di Maiorca dove la Fundació Pilar i Joan Miró detiene molte opere dell’artista, concesse in via del tutto eccezionale per questa esposizione.
E ancora: “Il Miramondo: sessant’anni di fotografia”, dedicata a Fosco Maraini, celebre orientalista e antropologo, grande viaggiatore, scrittore, alpinista. E fotografo, ovviamente. Scoprì il fascino della camera oscura giovanissimo, esponendo a soli 18 anni alla mostra nazionale di fotografia futurista di Roma. Il viaggio fu la sua condizione di vita e la fotografia una “scrittura con la luce” sui luoghi lontani che visitò; in particolare il Giappone dove visse a lungo, ma anche Tibet, Pakistan, Nepal, India, Israele, Turchia, Tailandia, Cambogia, Cina e Corea.
Tre mostre che già di per sé varrebbero un’intera giornata trascorsa tra le belle sale di Palazzo Ducale, magari in questo lungo week end pasquale, ma a cui se ne aggiunge una quarta: “Tina Modotti: un nuovo sguardo”. Gli scatti di Tina Modotti, attrice, fotografa e musa di grandi poeti sudamericani. Una selezione di 26 immagini, scattate tra il 1923 e il 1927 soprattutto in Messico, paese di cui la fotografa e rivoluzionaria friulana del XX secolo coglie – tra documento e simbolo – particolari legati alla quotidianità osservata con uno sguardo innovativo. A poco a poco inizia ad elaborare un certo tipo di reportage fotografico, dal grande contenuto estetico nella forma e dal gran simbolismo ideologico nel suo referente. Ma la fotografia per Modotti non costituisce soltanto un modo di vita, ma anche l’impegno politico che la rende utile e legittima la sua emergente proiezione artistica.
Torniamo però a Steve McCurry che, viaggiando attraverso l’Africa e l’Asia, ha fatto dei ritratti la sua cifra espressiva, cominciando dall’immagine della ragazza afghana con gli occhi verdi, grazie alla quale ha vinto il suo primo World Press Photo Awards (l’equivalente del premio Nobel per la fotografia). Sulla scia dei grandi reporter di guerra, da Robert Capa a Horst Faas, Steve McCurry è sempre stato in prima linea per testimoniare gli effetti dei conflitti, mostrando ciò che la guerra imprime sul volto umano. Membro dell’agenzia Magnum e inviato delle più prestigiose riviste fotografiche, il reporter americano ha fatto del viaggio una sua dimensione di vita «perché già il solo viaggiare e approfondire la conoscenza di culture diverse mi procura gioia e mi dà una carica inesauribile». Guidato dalla meraviglia verso il mondo e i suoi abitanti, il fotografo americano è in grado di travalicare i confini culturali e linguistici per catturare esperienze umane universali.La mostra genovese è una raccolta antologica degli scatti più famosi di McCurry, a partire da quello di Sharbat Gula, la ragazza afghana fotografata vent’anni fa nel campo profughi di Peshawar, in Pakistan, diventata simbolo di un conflitto che ancora si trascina. Qualche anno fa, il fotografo e la donna si sono incontrati di nuovo: i nuovi scatti servono a riprendere il filo della memoria, per non dimenticare gli orrori passati.
La mostra diventa l’occasione per mostrare, accanto alle icone più note, le ultime fotografie di McCurry a Cuba, in Tailandia e in Birmania. Tanti gli inediti, tra cui le immagini realizzate in Tanzania per il progetto di sostenibilità Lavazza Tierra. Non manca una sezione dedicata all’Italia, meta di numerosi viaggi.
A tutti i visitatori verrà consegnata un’audioguida nella quale lo stesso McCurry presenta le sue fotografie, contestualizzando gli scatti e raccontando aneddoti e curiosità. Una grande occasione per conoscere la visione del mondo del fotografo, il suo impegno dietro ogni singolo scatto. «Ho imparato a essere paziente. Se aspetti abbastanza, le persone dimenticano la macchina fotografica e la loro anima comincia a librarsi verso di te» rivela McCurry.